«LA FIGLIA D'IRLANDA»

Non è solo l'isola dei pubs fumosi o delle deflagrazioni per le vie di Belfast o di Derry: è anche la patria d'elezione dei Celti, ove il cielo muta aspetto ogni quarto d'ora, ove il monachesimo medievale gettò le basi letterarie della civiltà europea e ove vissero eroi leggendari, quali Cuchulain e Finn Mc Cool. Ed è ovviamente anche il luogo ideale per ambientare romanzi storico-fantastici, come ultimamente ha fatto una scrittrice americana, Juliene Osborne-McKnight, autrice di un romanzo intitolato La figlia di Irlanda, pubblicato di recente per i tipi editoriali di Piemme. Si tratta di un romanzo piuttosto sui generis nel panorama della narrativa storico-fantastica: non foss'altro per il mestiere di druido esercitato dalla protagonista Aislinn (le fonti storiche non permettono di affermare con certezza che il sacerdozio celtico fosse aperto alle donne). Orfana di entrambi i genitori, ella è spinta al vagabondaggio per sfuggire all'insidia di un collega tenebroso, che si troverà ovviamente ad affrontare al termine della sua complicata avventura. Ricorrono diversi leitmotiv della leggenda classica e dell'epopea medievali, come gli amori variamente contrastati, il binomio di monco e orbo, la prodigiosa «ferita» del re costretto all'abdicazione, il ripudio della famiglia e la reintegrazione dopo un lungo percorso iniziatico; ma anche elementi originali e realistici, che rendono più credibile e organica l'intera vicenda. Inoltre si rivela efficace la scelta dell'autrice di ricorrere frequentemente alla lingua gaelica per designare luoghi e appellativi dei personaggi. La storia è ambientata in un'epoca immediatamente precedente l'arrivo del cristianesimo in Irlanda: un evento che, a differenza di quanto avvenuto in quasi tutti gli altri paesi europei, pare si sia verificato in modo abbastanza indolore. Nel libro però il «tradizionalismo» dei pagani è spesso schernito, quasi si tratti di una sorta di «magia nera» ante litteram, mentre le prefigurazioni della nuova religione tendono a soverchiare l'ordine sociale plurimillenario della civiltà tribale basata sull'onore e la tradizione orale. Se si fa eccezione per questo sottofondo «ideologico» un po' troppo forzato il libro è piacevole, perché permette di calarsi in un tempo e in un luogo ricchi di fascino misterioso. J. Osborne-McKinght, La Figlia d'Irlanda, Piemme, 368 pagine, 15,90 euro