Nobili scelte che esigono interpreti adeguati

Intendiamo un cartellone incardinato sui capolavori dei grandi operisti italiani e stranieri. A parte il titolo inaugurale, l'ignota «Marie Victoire» di Respighi, che vale un'ccasione per soddisfare alla curiosità di taluni melomani e di numerosi musicologi, e naturalmente alla passione per la lirica tra Otto e Novecento del direttore musicale del Teatro, Gianluigi Gelmetti, la stagione si pregia di capidopera come Elektra di Strauss, Don Carlos di Verdi, Die Zauberflöte di Mozart, Tancredi di Rossini, Fidelio di Beethoven e Der Fliegende Holländer di Wagner. La loro presenza dà decoro ad un teatro musicale. Concordiamo con Gelmetti: da alcuni autori non si può prescindere. Mozart, Rossini e Wagner costituiscono i vertici assoluti della civiltà operistica europea. Si può far a meno del Verdi popolare di Trovatore, Rigoletto e Traviata, ma non di quello del Don Carlos, dell'Otello e del Falstaff. È lecito tralasciare il teatro operistico del Novecento, effigia della crisi mortale del genere, ma non il Fidelio, che si dovrebbe rappresentare ogni anno. Si salti a pie' pari la riarsa e volgare età del Verismo, ma non l'aureo equilibrio classico del teatro mozartiano. Essenziale è che questi titoli sommi e ardui siano risolti in musica da interpreti adeguati: altrimenti si rovesciano in una dêbacle (ed in un'onta) immisericordiosa. Ascolteremo e giudicheremo nel corso della nutrita e nobile stagione.