Sullo schermo verità apri e gusta

E si tratta di «buchi» molto ampi, delle vere voragini che si aprono nella storia più recente, quella dei giorni nostri. Ma la «malta» che usano i registi per riempire le lacune, specialmente dei giovanissimi, è spesso priva di analisi critica, sporca di demagogia, alle volte intrisa di semplice ignoranza. Fino a due giorni fa parlando della strage del Primo Maggio '47 in Sicilia a qualche liceale (uno di quelli portati dalla scuola alle manifestazioni contro Berlusconi come fossero gite) non c'era speranza di trovarlo informato. «Portella de che?», vi sareste sentiti rispondere. Normale, i libri di storia non ne parlano. Ma adesso che è uscito «Segreti di Stato» di Paolo Benvenuti la falla è stata chiusa. Così da ora nei cervelli di chi non conosce quell'epoca fu il Vaticano in accordo con il governo degli Stati Uniti (che nei film dei registi di sinistra assomiglia sempre di più alla Spectre di 007) a volere la strage di Portella della Ginestra. Una tesi più che falsa: inverosimile. E anche uno degli storici che ha fatto da riferimento per la struttura del film è rimasto stupito che alla fine si sia balzati a certe conclusioni. Ma il film non cambierà e il vuoto pneumatico presente nei libri di storia sull'indipendentismo siciliano, su De Gasperi, su Don Sturzo e gli anni difficili del primo Dopoguerra renderanno credibile anche questo. E il male che per demagogia o semplice desiderio di fare cassetta si va sempre più diffondendo non è solo italiano: lo dimostra «Bloody Sunday», film dello scorso anno di Paul Greengrass, sugli scontri tra manifestanti e polizia a Londonderry, in Irlanda del Nord, nel 1972. Una vicenda lontana dai libri di Storia e sulla quale il cinema ha detto la sua verità. Rispettabile, ma di parte. E forse il regista più che una verità cercava solo un buon soggetto per il suo film. Vallo a spiegare a chi ci crede. L'elenco dei «casi» cinematografici si allunga andando a toccare vicende sulle quali ancora si studia, in certi casi si indaga. Come per «Piazza delle Cinque Lune» di Renzo Martinelli (ne ha curato regia, sceneggiatura e soggetto) che ricostruisce il rapimento e l'uccisione di Aldo Moro. Alle spalle delle Brigate Rosse appare, come un'ombra, una forza superiore, un grande burattinaio, anzi il «grande vecchio». La vicenda sembra un giallo, come quelli di Jessica Fletcher o del tenente Colombo: uguali, piacevoli e rassicuranti. I personaggi cambiano, ma non le loro caratteristiche. La Storia diventa una cosa facile, maneggevole, fatta sempre degli stessi pezzi, che si smonta e si rimonta tanto l'oggetto che ne viene fuori alla fine è sempre (più o meno) lo stesso: nella Dc tutti sapevano, nella Santa Sede (ovviamente) anche (e non hanno fatto nulla per impedire il misfatto), gli americani sono cattivi e quelli di sinistra tutti buoni. Stessi ingredienti con qualche sapore extra (la P2) ne «I Banchieri di Dio - il Caso Calvi» di Giuseppe Ferrara del 2001. Qui le vicende legate alla morte del finanziere si appannano e alla fine vedendo il film si riesce ad avere le idee ancora più confuse di prima. E una pellicola tutto sommato così così diventa anche un'opera impegnata. Nella rassegna non può mancare «Il muro di gomma», di Marco Risi, un film che alla sua uscita (nel '91) e anche dopo non ha mancato di far parlare di sé. Una pellicola sulla «madre di tutti i misteri»: il caso di Ustica. Nell'80 nel pressi di Ustica un aereo civile, un DC 9 della «Itavia» con ottantuno passeggeri a bordo esplode in volo e precipita in mare. Tutti morti. E a ventitrè anni dalla tragedia e a dodici dal film-verità di verità se ne vede veramente poca.