L'amore al «Sapore di sale»

Due uomini d'affari sono in viaggio su una strada della Maremma. Hanno preso a bordo un autostoppista, un ragazzo di campagna partito alla scoperta della città. Un guasto alla macchina, in piena notte, lascia i tre personaggi isolati nella natura primitiva insieme a una giovane contadina. Tutte le ipocrisie del vivere civile cadono e i rapporti tornano ad essere regolati dall'istinto. Si scopre così che i due ragazzi di campagna, rozzi e semplici, sono i più ricchi di umanità. Un film ecologico, scritto e diretto da Gino Paoli. Le parti erano state affidate a Stefania Sandrelli, Lucio Dalla, Arnaldo Bagnasco, vecchio amico del cantautore, all'epoca attore e presentatore, in seguito autore e dirigente Rai. Era l'agosto del 1963. «Il puffo» nasceva dalla forzata inattività di Gino Paoli, il quale prese l'idea molto seriamente, assumendo addirittura una dattilografa per stendere la sceneggiatura. «Il puffo» non si girerà mai, forse era troppo avanti per i tempi, difficile introdurre una coscienza ecologica negli anni d'oro della commedia all'italiana. Eppure fu il primo tentativo di creatività e di evasione dopo l'episodio increscioso. Una distrazione che Paoli volle prendersi accanto ai suoi amici: Umberto Bindi. Ricky Gianco, Bernardo Bertolucci (che gli proporrà di scrivere le musiche del suo film «Prima della rivoluzione»), Anna Maria, sua prima moglie, che nuotava come Esther Williams. La scrittura di quella sceneggiatura non costituirà l'unico esempio di creatività di quei giorni. Sono le settimane in cui Gino scrive «Che cosa c'è» e «Ieri ho incontrato mia madre», che presenterà al Festival di Sanremo dell'anno dopo, quello del 1964. L'inattività del cantante aveva una causa precisa e soprattutto di natura extra artistica. Il 13 luglio Gino Paoli si era sparato un colpo al cuore nella sua casa di Genova. Lo aveva fatto con una Derringer, un'arma piccola, una pistola a due canne per proiettili di calibro 5. Proiettile piccolo che penetra più a fondo. Veniva portato immediatamente all'ospedale San Martino dove i medici riuscivano a strapparlo alla morte, rinunciando però all'estrazione della pallottola dal cuore, perché un simile intervento poteva mettere a repentaglio la sua vita. Cosa pensava il cantante mentre si appoggiava sul cuore la piccola pistola d'argento? «Ho tentato di uccidermi perché ero stanco di vivere — raccontò in seguito — ero convinto di avere ormai avuto tutto, di non riuscire più a provare emozioni, ma mi sbagliavo. Non sapevo che avrei conosciuto una grande gioia, diventando padre». In effetti l'anno dopo, nel 1964, nacquero a distanza di pochi mesi Giovanni e Amanda, avuti rispettivamente da sua moglie Anna Maria e da Stefania Sandrelli. Il 13 luglio, quando si sparò, Gino Paoli aveva da poco concluso il Cantagiro. Un successone, tappa dopo tappa con la sua «Sapore di sale». Si piazzò solo al quarto posto ma in breve divenne la canzone dell'estate. Ma perché quel gesto? Accadde quando si accorse di andar bene a tutti. Qualcuno lo studiava come un fenomeno sociale, altri lo consideravano uno stravagante con parecchio talento. Aveva amici, tre donne che dicevano di amarlo, il disco in hit parade, eppure quel giorno la pallottola si arrestò a pochi millimetri dal cuore. Cosa era successo? Perché un artista di successo può far diventare primaria l'idea della morte? E come spiegarlo? Lo spiegarono per pettegolezzi, ma nessuno pensò ad una scelta precisa, voluta. Il malessere di Paoli parte da lontano, è un disaccordo con il mondo. Per dissapori profondi con il mondo si può anche rinunciare ad abitarlo. Mentre all'ospedale di San Martino arrivano Ornella Vanoni, Teddy Reno, Rita Pavone, Umberto Bindi, Sergio Bruni e molti altri l'Italia impazzisce per «Sapore di sale», scritta a Genova ma maturata a Capo d'Orlando. Una delle poche canzoni di Paoli scritta di getto, in una serata. Il teatro fu un locale del quale erano padroni i baroni Milio, una spiaggia bianca, tre o quattro case, la villa dei baroni, una barca sulla sa