Venezia, Monicelli alla guida della giuria

Dopo l'attrice cinese Gong Li, che ha ricoperto il ruolo l'anno scorso, preceduta da Nanni Moretti e Milos Forman, torna quindi a presiedere un italiano, e non uno qualunque: Monicelli, alla veneranda età di 88 anni, è uno dei «grandi vecchi» del nostro cinema, nonchè padre indiscusso della commedia all'italiana. Pellicole come «I soliti ignoti», «La grande guerra», «L'armata Brancaleone», «Un borghese piccolo piccolo», hanno fatto storia, anche se, promette il maestro, già in giuria a Venezia nel 1982, il suo stile di cineasta non influenzerà le scelte del giurato: «Non privilegerò certo la commedia - assicura - mi piace di più il cinema che non so fare: vorrei vedere film come quelli di Wenders e Antonioni». Non può però evitare di confessare con un sorriso: «sono un bellocchiano», riferendosi alla presenza in concorso del regista Marco Bellocchio con il suo «Buongiorno, notte». Il cinema italiano di nuova generazione sarà invece rappresentato in giuria dall'attore Stefano Accorsi, vincitore l'anno scorso della Coppa Volpi per l'interpretazione di Dino Campana in «Un viaggio chiamato amore» di Placido. Ancora da definire nel dettaglio la lista delle star che sbarcheranno quest'anno al Lido: occhi puntati, tra gli altri, su Roberto Benigni, che dovrebbe partecipare, ma non ha confermato, in quanto interprete del film «Cofee & cigarettes» di Jim Jarmousch, che sarà presentato fuori concorso. Si tratta di una pellicola che include tre corti relizzati da Jarmousch ma mai distribuiti. Nel cast anche Cate Blanchett, Bill Murray, Iggy Pop e Tom Waits, nei panni di stravaganti personaggi che intorno a un tavolo discutono degli argomenti più disparati. Senz'altro ci sarà invece a Venezia Omar Sharif, il grande attore egiziano a cui quest'anno andrà un Leone d'oro alla carriera, insieme a quello, già annunciato, per Dino De Laurentis. «Il Leone alla carriera a Omar Sharif per me è il simbolo di una Mostra del cinema in cui tanti film trattano i problemi dell'Islam e dei rapporti tra noi e l'Islam» ha commentato il direttore della rassegne De Hadeln. L'occasione sarà la presentazione del'ultimo film di Sharif «Monsieur Ibrahim et les fleurs du Coran», diretto da François Duperyon, in cui l'attore interpreta un anziano musulmano proprietario di un negozio di alimenti che instaura un legame con un giovane ebreo. Era il 1953 quando Sharif, al secolo Michael Shalhoub, divenne una star del cinema egiziano grazie a «Siraa Fil Wadi» (Cielo d'inferno) del regista Youssef Shanin, col quale lavorò anche in «Le acque nere» (1956) a fianco della diva Faten Hamama, che divenne sua moglie, ma dalla quale poi divorziò. A fare esplodere il suo successo internazionale fu però «Lawrence d'Arabia» (1962) di David Lean, con cui si guadagnò una nomination agli Oscar. Nel 1965 «Il dottor Zivago» consacrò definitivamente la sua fama. Nato nel 1932 ad Alessandria d'Egitto, Sharif ha oggi all'attivo più di ottanta film, da «C'era una volta» (1967) di Francesco Rosi, a «Il diritto d'amare», da «Funny Girl» a «Che!», da «L'oro di Mackenna» a «L'ultima valle», da «Ashanti» a «I Posseduti». Tra i suoi film più recenti «Il tredicesimo guerriero» di John Mc Tiernan, «Caterina di Russia» e «I viaggi di Gulliver».