di CECILIA GATTO TROCCHI PERCHÈ UN convegno sul tempo? Perché è motivo d'ansia quotidiana.

Le giornate romane, organizzate dalla Rivista "Studium" impegnata da anni a promuovere la cultura e ad affrontare temi di grande spessore e problematicità, vedranno infatti la partecipazione di scienziati, filosofi, antropologhi, teologi riuniti a riflettere sul mistero del tempo. Abbiamo ascoltato Vincenzo Cappelletti, promotore dell'iniziativa. Professor Cappelletti, nella vulgata corrente passa il discorso secondo il quale tutto è relativo, quindi il tempo è considerato un fatto soggettivo e variabile. Ma le cose stanno veramente così? «Al contrario, la scienza si è sottratta all'idea delle variazioni e si fonda sulle invarianti». Anche la relatività di Einstein? «Soprattutto le leggi evidenziate da Einstein. Il concetto di relatività si fonda sulle invarianti. Per raggiungere le leggi della materia e dell'energia occorre rendere relative alcune formule, per arrivare alle invarianti». La relatività di Einstein si sarebbe potuta chiamare legge dell'invarianza? «Esattamente. È stato un malinteso della cultura diffusa deformare il senso profondo delle invarianti nella scienza». Il problema del tempo ha profondamente interessato sant'Agostino di cui Lei, professore, presenterà "Le confessioni" nell'ambito del convegno, domani al Teatro Argentina. Vi è un rapporto tra il problema delle invarianti e il pensiero di Agostino? «Certamente. Agostino ricerca il soggetto, il portatore delle invarianze e lo trova nello spirito e nel presente». Il problema si gioca tra tempo ed eternità? «Il tempo rimanda all'eterno presente, anche se oggi ciò sembra dimenticato». Per l'uomo contemporaneo il tempo è un valore ambiguo: il detto da bottegai "il tempo è denaro", inventato da Benjamin Franklin, genera ansia in quanto costringe ad affrettarsi per realizzare beni economici e impone di considerare il tempo come qualcosa che scorre fatalmente verso la morte. «Il professor Bruno Callieri, psichiatra e psicologo, riporta la dimensione spazio-tempo alle situazioni del vissuto soggettivo e al disagio che la civiltà dei consumi genera nelle persone comuni. Il professor Calmieri analizzando il rapporto spazio-temporale chiama questo disagio "lo spazio dello sgomento" che genera angoscia e depressione. Il depresso pensa o di non avere tempo o che il suo tempo non abbia valore. Il tempo del malinconico è una nebbia grigia che non afferra raggi di sole. La voce antropologica presente al convengo (Bernardi, Lanternari) metterà in risalto le maniere diverse di intendere il tempo nelle culture umane». Il tempo sacro dei rituali e dei cerimoniali occupa molto più spazio delle faccende profane e dà senso all'intera vita sociale e personale. Il raccolto ad esempio non può essere consumato prima di numerose cerimonie che riconducono la comunità al tempo delle origini, al tempo eterno delle potenze divine. Un barlume di questo "sentimento del tempo" è ancora incastonato nelle nostre "ferie d' Agosto"». «È inesatto dire che i primitivi considerano solo il tempo ciclico o la ripetizione rituale che dà fondamento al vissuto: essi considerano molto bene il tempo sequenziale vedendo i bambini che crescono, gli alberi che si rafforzano, le costruzioni che si innalzano. Il rito fa accedere al tempo consacrato, al tempo liturgico che è il vero "lavoro per l'uomo". Che accade in Occidente? Affannati dalle attività lucrative, siamo ossessionati dal passato e proiettati violentemente a conquistare un "futuro". Abbiamo addirittura il problema del "tempo libero", lo stress da ferie, guardiamo continuamente l'orologio, combattuti tra l'iper-attivismo e la necessità di "ammazzare il tempo"...». Commentando Agostino, von Balthazar afferma che solo il cristiano vive nel presente. «L'ascesi orientale si volge al passato per abolire il tempo, per ritornare all'origine perduta; la prassi ebraica, aspettando il Regno messianico è volta verso il futuro. Al cristiano resta solo il presente, che non considera una menzogna o un attimo fu