di ENZO DI NUOSCIO DI FRONTE al continuo richiamo al liberalismo di buona parte del nostro ...

L'appello al liberalismo, in questi anni, è stato infatti più il tentativo di partiti vecchi e nuovi di darsi una formula di legittimazione culturale che non avevano, che una chiara opzione per un universo di idee da cui far coerentemente scaturire decisioni politiche. In questo contesto il richiamo ai classici del liberalismo rappresenta l'unica via per fare giustizia di un certo liberalismo à la carte, non di rado offerto da interpreti troppo poco disinteressati. Se poi questo ritorno al liberalismo "originale" viene proposto da uno studioso super partes del pensiero liberale, si capisce allora come la pubblicazione di «Principi liberali» da parte di Dario Antiseri (Rubbettino, 2003) costituisca un piccolo evento culturale e editoriale, che non dovrebbe certo passare inosservato dai nostri politici. Attingendo a una tradizione di pensiero che va da Rosmini a Sturzo, da Einaudi a Popper fino ad Hayek, in questo breviario laico Antiseri ci offre un distillato di principi e massime liberali che delineano i tratti peculiari dell'homo liberalis. L'uomo liberale sa che «non c'è un uomo più importante di un altro uomo»; riconosce che, per ragioni strettamente epistemologiche, non ci può essere un punto vista privilegiato sulla società, e che quindi la verità e il progresso sociale sono una conquista collettiva, attraverso la discussione critica tra individui liberi. «La libertà - afferma Einaudi - vive perché vuole la discussione tra la libertà e l'errore; sa, che solo attraverso l'errore si giunge, per tentativi sempre ripresi e mai conclusi alla verità. (...) Trial and error; possibilità di tentare e di sbagliare; libertà di critica e di opposizione; ecco le caratteristiche dei regimi liberi». L'homo liberalis è consapevole che il tentativo di instaurare una società perfetta è incompatibile con la democrazia, la quale, invece, si basa non sull'idea di perfezione bensì su quella di perfettibilità; egli è consapevole che non può cambiare tutta la società per costruire un paradiso terreno perché in questo modo rischierebbe di edificare un molto rispettabile inferno. Il liberale non è un conservatore ma un autentico riformista, non si rassegna all'esistente, ma vuole gradualmente estirpare le miserie umane; non intende costruire un «uomo nuovo» ma «solo» consentire a tutti di vivere meglio. Il liberale è convinto che il motore del progresso umano è il principio di competizione, che è alla base della scienza, dell'economia di mercato e della democrazia; una competizione che significa ricerca antagonista delle migliori soluzione ai nostri problemi. E siccome la scoperta di una nuova e buona soluzione andrà presto a beneficio di tutti, la competizione tra le idee si trasforma in una collaborazione tra gli individui che le sostengono. La libertà diventa, dunque, la condizione che permette agli individui di competere; libertà che diventa effettiva solo in uno stato di diritto nel quale tutti, giudici e politici compresi, sono uguali davanti alla legge.