L'attrice brillante lanciata da «Mai dire gol» è al suo sesto film

Alta, bella, spiritosa, anche se davanti ai giornalisti tende un po' al triste («Che volete - scherza - dipende dalle domande che mi fanno») Paola Cortellesi è a 29 anni l'attrice comica, anzi, brillante, più completa dello spettacolo italiano. L'esordio, dieci anni fa, avviene in teatro (insieme al collega Claudio Santamaria Paola ha fondato una compagnia che si chiama «la Compagine»), quindi la celebrità in tv con «Mai dire gol», «Libero» e, quindi, con «Uno di noi», al fianco di Gianni Morandi. Infine, il cinema, con cinque titoli negli ultimi quattro anni. Il sesto film, nuovissimo, a giorni in uscita, è «Passato prossimo», esordio alla regia di Maria Sole Tognazzi, un film agrodolce che la sorella minore di Ricky e Gianmarco Tognazzi (compreso nel cast) ha realizzato in modo totalmente autonomo dalla tradizione comica del celebre genitore, ed in cui la Cortellesi è una delle protagoniste femminili. Il film è un intreccio di storie fra trentenni. Siamo certi che non si tratta di un altro "Ultimo bacio"? «Assolutamente si, nel senso che non è un film "generazionale" sui trentenni. Qui parliamo di cinque individui e delle loro storie, magari accomunate dall'indole dell'età, che è più o meno la stessa. Ma i nostri personaggi sarebbero egualmente validi se di anni ne avessero sessanta. Anzi, ora che ci penso, meglio venti. Magari (ride). Lei ha detto di poter scegliere di fare solo le cose che le piacciono grazie alla notorietà datale dalle "cose che ho fatto in tv". Perché le chiama "cose" ? Non ne è soddisfatta? «Al contrario. Io penso di aver fatto una televisione eccellente di cui vado persino orgogliosa. Nella parola "cosa" non c'è ombra di sufficienza anche perché - come si può vedere con facilità - io la mia tv continuo a farla. Esattamente come prima. Al punto che in queste settimane sono tornata dai "Gialappi" (da sempre, la Cortellesi chiama così la "Gialappa's band", ndr). Io intendevo dire che la mia notorietà è dovuta alla grande visibilità che mi ha dato la televisione. Prima di andare in tv, infatti, io lavoravo in teatro, o meglio, nelle cantine, dove sono rimasta per dieci anni senza che nessuno se ne accorgesse. Per questo mi definisco "fortunata". Perché ci sono tanti miei colleghi che, invece, non possono scegliere e devono accettare le offerte che arrivano anche non sono buone». Torniamo alla Gialappa's. Come hanno fatto senza di lei? L'hanno sostituita? «Sì, e benissimo. Con Lucia Ocone, una mia amica dei tempi del teatro, talmente amica che potrei dire una sorella (anche perché oltre un certo limite di amicizia, secondo me, si diventa parenti). Lei con i Gialappi si trova benissimo, ma è abbastanza normale star bene con loro». Mica vero. Ad esempio, so che a "Mai dire domenica" le povere "letteronze" (le ballerine che nel programma sono la parodia di veline e letterine, ndr) fanno una vita d'inferno, bersagliate di continuo. «Lo ammetto. Del resto, dei tre Gialappi, quello buono è uno solo, e cioè Carlo Taranto, mentre Marco Santin e Giorgio Gherarducci sono, come dire, impietosi, ecco. Non c'è commento che venga risparmiato su nessuna di loro, da come si muovono a quello che dicono, ma il destino della letteronza è quello (ride divertita). Triste destino quello della letteronza». Tanta tv ed altrettanto teatro, ma ancora poco cinema. A quando un bel film comico con, diciamo, Luciana Littizzetto? «Adoro Luciana e ne sarei onorata. Sarebbe un film che mi porterebbe un prestigio enorme. Con lei farei qualsiasi cosa». Attenzione che dopo il bacio a Baudo da Sanremo, dire di voler "fare qualsiasi cosa" con la Littizzetto può essere pericoloso. «Ma no (sorride) a Sanremo Luciana aveva delle attenuanti. Le luci, il palco, l'emozione, al punto che non a saputo spiegare il suo gesto». Per chiudere: nel suo penultimo film "A cavallo della tigre" lei esibiva un calendario di cui mostrava però una sola foto. E le altre undici? Insomma, possiamo dire