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Scoperta eccezionale a Pompei: riemerge il cavallo bardato del generale

Silvia Sfregola

Scoperto un cavallo di razza con ricca bardatura militare, appartenuto a un alto ufficiale della legione romana, nella stalla di Civita Giuliana, nel corso della recente campagna di scavo nella zona nord fuori le mura del sito archeologico di Pompei. Lo rende noto, con un comunicato, il direttore generale Parco Archeologico di Pompei, Massimo Osanna. Il cavallo doveva far parte della «razza più nobile», un animale di rappresentanza di proprietà di un generale dell’esercito, «per la sua imponenza, probabilmente frutto di accurate selezioni, e per i finimenti di pregio, in ferro e bronzo», spiega Osanna. Il cavallo era ponto per il galoppo ma fu fermato durante l’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. Nello scorso marzo un’operazione ha dato avvio ad un importante intervento di scavo allo scopo di arrestare l’attività illecita dei tombaroli. L’intervento ha portato alla luce una serie di ambienti di servizio di una grande villa suburbana conservata in maniera eccezionale, con diversi reperti (anfore, utensili da cucina, parte di un letto in legno di cui è stato possibile realizzare il calco). Tra gli ambienti è stata individuata la stalla della tenuta dove si è potuto realizzare il calco di un cavallo di razza. Nella prima fase di scavo - spiega sempre il direttore generale del Parco Archeologico di Pompei, Massimo Osanna - è stata identificata una mangiatoia lignea di cui è stato possibile realizzare un calco, la sagoma integra di un cavallo e le zampe di un secondo animale. Le attuali operazioni di scavo, avviate nel mese di luglio, hanno messo in luce integralmente l’ambiente e hanno individuato la parte restante del secondo cavallo e un terzo equide con i resti di una ricca bardatura di tipo militare. Dei due cavalli, uno giace riverso sul fianco destro, con il cranio ripiegato sulla zampa anteriore sinistra. Presumibilmente legato alla mangiatoia, non era riuscito a divincolarsi. L’altro giace riverso sul fianco sinistro, e sotto la mandibola conserva il morso in ferro. «La realizzazione dei tunnel da parte dei tombaroli e la conseguente cementificazione delle cavità, non hanno permesso di realizzare il calco del terzo cavallo», precisa Osanna. Durante la fasi di scavo del corpo del cavallo sono, inoltre, venuti alla luce cinque reperti bronzei. Sulle coste della gabbia toracica, fortemente rimaneggiate, si sono individuati quattro reperti in legno di conifera rivestiti di lamina bronzea di forma semilunata; un quinto oggetto, sempre in bronzo, è stato recuperato sotto il ventre, in prossimità degli arti anteriori, formato da tre ganci con rivetti collegati da un anello a un disco. La forma di questi elementi e i confronti in letteratura - spiega sempre Osanna - anno ipotizzare che appartengano a un tipo particolare di sella definita a quattro corni, formata da una struttura di legno rivestita con quattro corni, due anteriori e due posteriori, ricoperta da placche di bronzo che servivano per dare stabilità al cavaliere, in un periodo in cui non erano state inventate le staffe. Selle di questo tipo sono state utilizzate nel mondo romano a partire dal I secolo d.C. ed in particolare in ambito militare. Le giunzioni ad anello erano quattro per ogni bardatura e servivano a collegare diverse cinghie di cuoio per bloccare la sella sul dorso del cavallo. Si tratta sicuramente di bardature militari da parata. Ulteriori elementi riferibili agli «ornamenta» del cavallo sono documentati dietro la schiena, dove tracce di fibre vegetali lasciano ipotizzare la presenza di un drappo/mantello e nello spazio tra le zampe posteriori ed anteriori, in cui un ulteriore calco suggerisce la presenza di una sacca. È probabile che parte dei mancanti finimenti siano stati trafugati dai tombaroli. «I tre cavalli, come forse il primo rinvenuto ed analizzato, dovevano far parte della ’razza più nobilè, animali di rappresentanza, per la loro imponenza dimensionale, probabilmente frutto di accurate selezioni, e per i finimenti di pregio, in ferro e bronzo - sottolinea Massimo Osanna - Questi eccezionali ritrovamenti confermano che si trattava di una tenuta prestigiosa, con ambienti riccamente affrescati e arredati, sontuose terrazze digradanti che affacciavano sul golfo di Napoli e Capri, oltre ad un efficiente quartiere di servizio, con l’aia, i magazzini per l’olio e per il vino, e ampi terreni fittamente coltivati, anche stando a le prime indagini di inizio Novecento».