giustizia da buttare

"Se mi arresta mi sparo". "Fa bene a prendere la pistola..."

Valeria Di Corrado

A giugno Michele Ruggiero era in "pole position" per ricoprire la poltrona di capo dell’Ufficio legislativo del ministero della Giustizia. Il suo nome era stato proposto al grillino Alfonso Bonafede da Piercamillo Davigo, a capo della corrente Autonomia e Indipendenza, di cui fa parte anche l'ex pm di Trani, salito alla ribalta delle cronache nazionali e internazionali per le "rumorose" inchieste sulla Deutsche Bank e sulle agenzie di rating Moody’s, Fitch e Standard&Poor’s, tutte finite con un buco nell'acqua, tra archiviazioni, assoluzioni e incompetenza territoriale. A far sfumare l'incarico, molto probabilmente, è stato il decreto di citazione diretta in giudizio con cui la Procura di Lecce ha chiesto il processo per Ruggiero con l'accusa di tentata violenza privata, in concorso con il collega Alessandro Pesce. Questa accusa non ha comunque impedito a M5S di indicare il pm, famoso per essersi presentato in udienza con la cravatta tricolore, come consulente della commissione bicamerale Banche, incarico che ha ricoperto da gennaio scorso fino a quando è rientrato in ruolo come pm a Bari. "INTIMIDAZIONI E VIOLENZE VERBALI" Il 12 novembre i due magistrati saranno costretti a sedersi sul banco degli imputati, davanti al giudice della prima sezione penale del Tribunale di Lecce, perché "con abuso di poteri e con violazione dei doveri inerenti la loro qualità di pubblici ministeri" avrebbero – si legge le capo di imputazione firmato dal pm Roberta Licci – "posto in essere atti idonei diretti in modo non equivoco a costringere, con modalità intimidatorie e violenze verbali”, il legale rappresentante della ditta Italtraff, Roberto Scarcella, e l'amministratore di fatto della società, Antonio Marzo, "a dichiarare di aver pagato, o comunque di essere a conoscenza del pagamento di tangenti, in favore di Antonio Modugno, comandante della Polizia municipale di Trani, in relazione a un appalto per la fornitura al Comune di apparecchiature elettroniche per la rilevazione di infrazioni al codice della strada (fotored, ndr), commercializzate dalla Italtraff srl". In pratica, Ruggiero e Pesce – secondo l'accusa sostenuta dalla Procura leccese. competente per i reati commessi dai magistrati del distretto di Trani – avrebbero minacciato i testimoni di sbatterli in galera se non avessero confermato di essere stati costretti a pagare le mazzette al comandante Modugno. "LA FACCIAMO STARE AL FRESCO" "Lei se ne andrà in galera veloce e lei dice: 'Ma io c'ho il coso al cuore'... Possiamo impegnarci per farla stare con il caldo che fa al fresco". Non c'è nessuna pietà umana, né tanto meno rispetto di diritti e garanzie processuali negli interrogatori condotti dai due pm. Al punto che quando un testimone minaccia di spararsi un colpo di pistola, il magistrato gli risponde: "Fa bene a prendere la pistola famosa". Parole che sembrano uscire dal copione di un film poliziesco americano. Secondo Ruggiero vi era una corruzione dilagante nel sistema di assegnazione degli appalti nel Comune di Trani. Pur di dimostrare la sua tesi (per la quale evidentemente non aveva prove sufficienti), il pubblico ministero ha provato, insieme al collega Alessandro Pesce, senza riuscire nell'intento, a estorcere una confessione a testimoni e indagati, minacciandoli di marcire in galera o di coinvolgere nelle indagini i rispettivi familiari. Non si sono fermati nemmeno quando uno di loro ha detto di avere un problema cardiaco e un altro, sotto pressione, ha paventato l'ipotesi del suicidio. "VI MANDIAMO DRITTI AL SUPERCARCERE" Il 5 ottobre 2015 Roberto Scarcella e Antonio Marzo (classe 1939), rispettivamente legale rappresentante e amministratore di fatto della Italtraff, vengono convocati nella suggestiva Procura tranese, vista mare, e tenuti sotto torchio per circa due ore. "In tutti gli appalti questi si prendevano le mazzette, tutti, perché il sistema era questo. Quindi non mi venite a dire che non avete dato niente. Noi prenderemo le carte che abbiamo qui e vi manderemo dritti in via Andria, che sta il supercarcere, però in una cella particolare, per corruzione di pubblici ufficiali, perché voi rientrate perfettamente nello schema. Abbiamo tutti gli elementi". Per convincere Scarsella a confessare, i magistrati hanno ventilato anche "la prospettiva di coinvolgere i suoi figli nell'indagine". "Non è che c'ha dei conti correnti intestati a qualcuno di sua conoscenza dove opera lei? Sua figlia, suo figlio, dobbiamo coinvolgere anche loro?". O ancora, facendo riferimento al suo stipendio di 2 mila euro: "Tanto poi ti ci pagherà un ottimo avvocato, che non basterà gli avvocati buoni qua, a te e alla famiglia tua". Tutto questo – si legge nel capo d'imputazione contestato ai due pm – "senza rappresentare a Scarsella che aveva assunto o poteva assumere qualità di indagato, né avvisandolo della facoltà riconosciute dalla legge, tra cui quella di nominare un difensore di fiducia o di avvalersi della facoltà di non rispondere alle domande". "PENSI AI NIPOTINI E INIZI A PREGARE" Sono pesanti le minacce, legate anche all'età, rivolte da Ruggiero all'imprenditore di 79 anni. "Lei sta già con un piede nella fossa... adesso ci mette tutti e due (...) Marzo noi le vogliamo così bene che vogliamo farla tornare a Trani dentro. Perché... guardi che meraviglia... guardi qui. Lei la conosceva la città di Trani? È bellissima! Guardi dal carcere di Trani c'è una visuale sul mare stupenda. E secondo me a lei col problema che c'ha (il riferimento è presumibilmente al problema cardiaco, ndr) le fa pure bene stare un po' tranquillo. Secondo me è la fase della vita nella quale bisogna un attimo rilassarsi, cominciare un po' a pregare... a farsi un esame di coscienza... pensare ai nipotini". Il pm dell'inchiesta alle agenzie di rating, per estorcere una confessione, fa credere all'imprenditore di poter dare il via a indagini nei suoi confronti anche in altre città: "Procura di Padova, Procura di Modena, Procura di Napoli, uff... Mo' partiranno 20 comunicazioni per le procure competenti.. gli manderemo il know how". "AVRÀ LE MANETTE QUANDO NON SE L'ASPETTA" Poi è il turno di Pesce, che rincara la dose, in una specie di gioco tra poliziotto buono e poliziotto cattivo: "Qui gli elementi per procedere e sequestrare tutto quello che è sequestrabile ce ne sono a bizzeffe. Il collega ha fin troppa pazienza, perché io l'avrei già sbattuta fuori, ma in manette, di qua (...) E' già rovinata. La sua azienda avrà un provvedimento di interdizione a partecipare agli appalti con la pubblica amministrazione, subito subito (...) Troveremo un Cantone qualsiasi che si occupa dell'amministrazione della sua azienda. Però i suoi figli, purtroppo, non c'hanno 70 anni, 80 anni... i suoi figli sono molto più giovani, dovranno trovare altro ormai". "Noi sappiamo che Modugno è un tangentaro mortale", lo incalza Ruggiero, facendo riferimento al comandante dei vigili di Trani al quale, secondo i pm, Marzo avrebbe pagato delle mazzette per ottenere un appalto dal Comune. Di fronte a questo fuoco incrociato, l'imprenditore resiste e sbigottito fa una lezione di morale ai magistrati: "Ma com'è? A 80 anni uno fa andare in galera una persona? E senza che sia vero? Ma come ragioniamo? Giudice mi dispiace, no. Io non posso fare come chiedete. State facendo pressione. Ma io non mi piglio la responsabilità di rovinare una persona se non è vero che gli ho dato... l'azienda mia posso rovinarla. Io sono una persona corretta". Alla fine, esausto, dice: "Fermiamoci, mettetemi le manette". Ruggiero lo fredda: "Le manette adesso è una cosa che lei si aspetta. Le manette le avrà quando non se l'aspetta". "PRENDA LA PISTOLA FAMOSA" Lo stesso trattamento intimidatorio viene riservato anche a Giuseppe Fortunato, rappresentante per conto della Italtraff, chiamato dai pm tranesi nella veste di teste. Ruggiero gli spiega: "Esistono misure cautelari devastanti, perché poi lei deve pensare che non è il fatto di stare in galera. Ma tutto quello che questo comporta. Lei ha chiuso". Poi il pm "sceriffo" si alza in piedi "avvicinandosi con atteggiamento intimidatorio a circa 30 centimetri di distanza da Fortunato, il quale – si legge nell'imputazione – istintivamente alza le mani per tenere a distanza Ruggiero ed esclama: 'No, no, no dottore..". E lui: "Mo' le vengo addosso". Poi fa entrare nella stanza Marzo per un confronto: "Venga, Marzo, si accomodi. Quella è la sedia del rischiatutto". E, rivolto a Fortunato, dice: "Lei da stasera comincerà a fare le valige... la cosa di arance". Per trovare riscontro a questi verbali, fonoregistrati, la Procura di Lecce ha sentito Giuseppe Fortunato, il quale ha confermato: "La minaccia c'è stata, ma io non l'ho percepita come tale, perché sapevo di non aver fatto nulla. Mi ricordo della lavagna dei buoni e dei cattivi indicatami dai pm". La vittima ha riferito inoltre che, quando ha detto ai magistrati tranesi che si sarebbe potuto sparare un colpo di pistola, gli hanno risposto: "Fa bene a prendere la pistola famosa". "VOLEVAMO STRESSARE I TESTIMONI" Interrogato dai colleghi di Lecce, il pm Pesce ha riferito: "Miravamo a stressare i testimoni, ma solo al fine di saggiarne la credibilità e non certo per costringere qualcuno a mentire o calunniare". "Se avessimo voluto costruire prove false o calunniose contro Modugno non avremmo lasciato tutte quelle tracce che abbiamo lasciato", ha spiegato Ruggiero nel suo interrogatorio. "Finora nove giudici in totale, tra gip, Tribunale del Riesame e Cassazione, hanno affermato, respingendo la richiesta di interdizione dalle nostre funzioni, che le accuse della Procura di Lecce sono infondate. La Suprema Corte – precisa a "Il Tempo" Ruggiero – ha detto esplicitamente che i fatti che mi vengono contestati non hanno rilievo penale. È stato aperto anche un procedimento disciplinare nei miei confronti. In questo momento, quindi, ogni mio commento è inutile: faccio l'imputato e mi rimetto alla valutazione della collega del Tribunale. Quando sarà il momento, mi difenderò con il mio avvocato in aula. Sono sereno".