il caso

Dj Fabo e processo Cappato, il Governo difende la legge contro l'aiuto al suicidio

Carlo Antini

Il governo italiano ha deciso di costituire l’avvocatura dello Stato nel procedimento sollevato dalla Corte d’Assise di Milano davanti alla Corte Costituzionale per il processo a carico di Marco Cappato. Lo rende noto l’associazione Luca Coscioni, che aveva fatto appello all’esecutivo perché non intervenisse a difesa della costituzionalità del mero aiuto materiale al suicidio, così come sollevato dai giudici milanesi nell’ambito del procedimento a carico dell’esponente dei Radicali per l’aiuto fornito a Fabiano Antoniani per ottenere assistenza alla morte volontaria in Svizzera. Il governo aveva tempo fino a oggi per prendere una decisione sulla possibilità di difendere il divieto del codice penale, risalente agli anni '30, che norma il reato di cui è imputato Cappato. «La scelta del governo è, oltre che del tutto legittima, anche pienamente politica, visto che l’esecutivo avrebbe potuto altrettanto legittimamente agire in senso opposto e raccogliere l’appello lanciato da giuristi come Paolo Veronesi, Emilio Dolcini, Nerina Boschiero, Ernesto Bettinelli e sottoscritto da 15.000 cittadini, che chiedevano al Governo italiano di non intervenire a difesa della costituzionalità di quel reato, e dunque di non dare mandato all’avvocatura di Stato di costituirsi in tale procedimento», commenta l’avvocato Filomena Gallo, coordinatore del collegio di difesa di Marco Cappato e segretario Associazione Luca Coscioni. «Prendo anche atto della richiesta di costituzione in giudizio di una serie di organizzazioni e gruppi che sempre si sono distinti per aver avversato in ogni modo il riconoscimento del diritto alla libertà e responsabilità individuale fino alla fine della vita», prosegue il legale. «Il nostro obiettivo non cambia - conclude Gallo - vogliamo far prevalere, contro la lettera del codice penale del 1930, i principi di libertà e autodeterminazione riconosciuti dalla Costituzione italiana e dalla Convezione europea dei diritti umani, nella convinzione che Fabiano Antoniani avesse diritto a ottenere in Italia il tipo di assistenza che, a proprio rischio e pericolo, ha dovuto andare a cercare all’estero con l’aiuto di Marco Cappato».