OBBLIGO FIRMA E DIMORA

Cyberspionaggio, Giulio Occhionero torna libero

Stefano Liburdi

Torna libero Giulio Occhionero dopo più di un anno di detenzione in carcere. L’ingegnere nucleare è accusato di aver messo in piedi, assieme alla sorella Francesca Maria, un’attività di cyberspionaggio accedendo illecitamente a indirizzi di posta riconducibili a siti isituzionali, a esponenti politici o a privati. Lo ha deciso il giudice del tribunale Antonella Bencivinni accogliendo l’istanza dell’avvocato Stefano Parretta. Il pm Eugenio Albamonte aveva espresso parere negativo alla scarcerazione. Occhionero, che finì a Regina Coeli il 9 gennaio 2017, sarà sottoposto all’obbligo di firma due volte al giorno, al divieto di allontanarsi da Roma e all’obbligo di stare a casa tra le le 20 e le 9. Solo pochi giorni fa Giulio Occhionero è comparso in aula a Roma per la deposizione nel processo che lo vede imputato. In quella circostanza l’ingegnere nucleare ha negato di aver effettuato accessi abusivi a sistemi informatici. «Non ho mai danneggiato siti istituzionali o spiato caselle di posta riconducibili a esponenti di rilievo come Renzi, Draghi o Monti o partiti come il Pd», ha spiegato Occhionero. «Ho consultato siti istituzionali come Camera e Senato come fanno tutti ma non per carpire dati concernenti la sicurezza nazionale», ha ribadito. «Non abbiamo collaborato alle indagini - ha spiegato Occhionero - ma non abbiamo neppure ostacolato il lavoro degli investigatori. Abbiamo lasciato che fossero le autorità americane ad autorizzare accertamenti sui server Usa».  Occhionero nel corso dell’esame in aula ha spiegato inoltre che «non ha mai lavorato per conto dei servizi» e che «l’Fbi è stata negligente nella gestione della vicenda». «Mi sono attivato per incontrare il vicepresidente del Copasir ma sono stato arrestato prima: gli avrei parlato di questo atto di guerra». L’avvocato difensore, Stefano Parretta, a fine udienza aveva chiesto al giudice gli arresti domiciliari per il suo assistito, presso l’abitazione della madre. «È detenuto da più di un anno, si tratta di una delle custodia cautelare più lunghe in Italia e forse anche in Europa per un reato informatico puro. L’ipotesi più grave si è quantomeno attenuata», aveva spiegato.