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Gelli: «C'è un altro elenco di nomi E su Moro e Dalla Chiesa...»

L'ultima confessione del Venerabile in un libro in uscita a giorni L'ADDIO Nella bara con la spilla del fascio

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Le liste della P2 rese pubbliche trentacinque anni fa non erano complete. Mancavano centinaia di nomi, anche di personaggi stranieri. Personaggi molto importanti. Lo rivela Licio Gelli attraverso Mirko Crocoli che a giorni darà alle stampe il libro «Faccia a faccia con il P2 - Venerabile Licio Gelli», edito dalla «A.Car» di Milano. «Gelli - spiega a Il Tempo l'autore che ha ha raccolto le confidenze dell'ultimo triennio - mi ha confidato che in realtà quelle liste erano soltanto un parte del più ampio dossier segreto. Quello non era altro ciò che in teoria poteva essere scoperto. Mi ha detto che ovviamente non avrebbe mai tenuto a Castiglion Fibocchi la lista completa composta da altrettante centinaia di nomi. Quella non è addirittura in Italia ma oltreoceano e in luogo appositamente nascosto. Dove? Lo spiegherò nel libro», premette Crocoli. Il libro è frutto di un impegno certosino e costante, soprattutto per guadagnarsi la fiducia dell'ex defunto Venerabile. «Ci sono voluti tre anni per partorire questo progetto, la maggior parte dei quali consistenti in viaggi, scoperte, incontri ma soprattutto colloqui avuti in località che hanno avuto a che fare con la Loggia Propaganda 2 e la sua incredibile storia». Com'è strutturato il testo? «Ho riportato materiale inedito - spiega l'autore - lettere personali tra il Venerabile e i suoi interlocutori, missive ufficiali da parte del Grande Oriente d'Italia (nella persona del Gran Maestro Lino Salvini) indirizzate a Licio». Crocoli parla anche dei rapporti tra il capo della loggia massonica Propaganda 2 e alcuni uomini politici che hanno fatto la storia d'Italia. «Mi ha più volte confermato l'amicizia con Giulio Andreotti e con Francesco Cossiga, soprattutto per la vicenda Aldo Moro - rivela Crocoli - Gelli si faceva chiamare Ingegner Lucio Luciani nei momenti difficili della prigionia di Moro. Si faceva chiamare così (in incognito) quando doveva contattare il Viminale o le volte in cui si trovava a Roma per incontrare gran parte dei membri delle commissioni interforze (piduisti) che hanno lavorato sul tentativo di ricerca dello statista». E proprio riguardo la fine del presidente della Democrazia Cristiana, l'autore di «P2 - Venerabile Licio Gelli» precisa che «sempre secondo Gelli, era un uomo troppo spostato verso sinistra (e dunque scomodo) e questo non piaceva né all'occidente né ai colleghi di Mosca i quali non hanno sicuramente pianto quando si è scoperto il cadavere a via Caetani». Gelli non risparmiò critiche ai craxiani, il «cerchio magico», si direbbe oggi, che circondava il volitivo e potente leader del Psi. «I socialisti di Craxi e company Gelli li ha sostenuti economicamente tramite transazioni da Roberto Calvi ai conti protezione - riporta Crocoli nel suo lavoro conGelli - Questi ultimi, gli uomini di Bettino, però, si sono guardati bene di ringraziarlo in seguito e anzi, con il caos dell'opinione pubblica dopo l'81, se la sono data a gambe. La cosa non è piaciuta affatto a Licio». Non mancano, poi, riferimenti a Dalla Chiesa, alla Cia, a Sindona e a Calvi. «Sul generale Dalla Chiesa mi ha confidato che la colpa è stata (a suo dire) di Spadolini, che all'epoca (testuali parole) lo "mandò a morire a Palermo, senza un minimo di sostegno delle istituzioni". Sui rapporti con la Cia, tutto riconfermato, anzi, mi ha più volte fatto un nome e un cognome: Philip Guarin, cerniera tra la sua organizzazione, la Cia e i repubblicani di Reagan. Su Michele Sindona, suo amico, mi ha riconfermato la stima nei suoi confronti, non tanto e non solo come uomo ma come affarista. Su Roberto Calvi e il suo Banco - prosegue Crocoli - mi ha confessato che era pronto l'aiuto economico ma il tempo in quel caso è stato tiranno. Licio Gelli si stava adoperando per salvare il Banco, ma il ponte dei frati neri è arrivato prima». In questo periodo da Vatileaks è interessante sapere che cosa pensasse Gelli sulla Santa Sede. «Dal letto della sua stanza di Villa Wanda - dice Crocoli - mi ha più spesso ripetuto con cognizione di causa e con tanto di fonti personali che la lobby del Vaticano oggi è ancora più potente di allora». Il libro scandaglia, sempre attraverso la «testimonianza» del Venerabile appena scomparso, altri misteri del passato, come il presunto Golpe che sarebbe stato tentato da Junio Valerio Borghese, ex comandante della X Mas. «Gelli era al Viminale quella notte dell'Immacolata del '70. Avevano i Mab in mano, poi a mezzanotte è arrivato il dietrofront. Perché? Perché l'uomo chiave era l'ex presidente della Repubblica Antonio Segni. Gelli, dopo il Golpe, doveva essere messo al posto di Saragat. Ma furono le condizioni di salute di Segni a fermare il tutto. Valerio Borghese non aveva la stoffa politica per prendere in mano il Paese. Al "principe nero" spettava il comando militare di quell'eventuale Italia anticomunista». E la chiosa: «Grazie a lui ho preso visione di documenti importanti di cui qui non posso parlare ma che riporterò sul libro. Toccati e visti con i miei occhi. Molto scottanti». Infine, al libro sono allegate anche alcune lettere spedite da Gelli all'autore. Una del 2013, particolarmente significativa, è sul governo Monti: «Osservo un tentativo criminoso contro l'Italia, molte nazioni, europee in primis, stanno da troppi anni lavorando nell'ombra, attraverso infiltrazioni e quinte colonne, per smantellare sistematicamente l'Italia e le sue immense ricchezze. Monti, divenuto premier con un colpo di mano avallato da un presidente comunista, non votato dal popolo, pertanto non legittimato a governare, è un uomo di quell'Europa che mira a distruggerci».

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