Otto anni di test e indagini con troppi colpi di scena

Una manciata di indizi, pochi e lacunosi, nessuna prova e alcun movente credibile. Ecco quello che rimane dell’efferato delitto di Garlasco: una bicicletta color bordeaux, i pedali con tracce del dna della vittima Chiara Poggi, le suole miracolosamente pulite delle scarpe di Alberto Stasi il fidanzato che l’ha scoperta in un lago di sangue e ha avvertito il 118, unico indagato per l’omicidio, le tracce del suo dna sul dispenser del sapone nel bagno di servizio. E poi il computer sequestrato con materiale pedopornografico e file che rileverebbero una sessualità complessa e perversa dell’ex studente bocconiano, luci e ombre del classico bravo ragazzo che qualsiasi mamma desidererebbe vedere accanto alla figlia davanti all’altare. Cosa successe veramente nella villetta di via Giovanni Pascoli la mattina del 13 agosto 2007 ancora non si sa. E forse non si saprà mai. Ripercorrere le tappe di questa storia infinita equivale a riconoscere il fallimento di otto anni di indagini, perizie e processi in cui gli stessi quattro indizi sono stati sviscerati e rivoltati in tutte le maniere, una copertura mediatica senza precedenti, fiumi d’inchiostro, reportage da Garlasco, ricostruzioni della villetta, disquisizioni sugli occhi di ghiaccio di Stasi, sulla sua «cocciutaggine» a non confessare il misfatto ecc. ecc. Passo dopo passo ecco cosa successe. IL DELITTO La mattina del 13 agosto 2007 a Garlasco fa un caldo boia mentre Chiara Poggi 26 anni viene massacrata nella villa dove vive con i genitori che in quel momento sono in vacanza. L’arma del delitto non è stata mai torvata. A scoprire il cadavere della ragazza è il suo fidanzato Alberto Stasi che chiama il 118. «Credo che abbiano ucciso una persona...c'e' tanto sangue dappertutto». Chiara è stata uccisa tra le 9,12 e le 9,35, un breve spazio di tempo tra quando la ragazza disinstalla l'allarme dell'abitazione e Stasi si mette al computer di casa sua per lavorare alla tesi di laurea. Un intervallo di tempo in cui non avrebbe l'alibi. L’INDAGINE Il 20 agosto 2007 la Procura di Vigevano indaga su Alberto Stasi con l'accusa di omicidio volontario. I carabinieri sequestrano la sua bicicletta bordeaux e il suo computer, frugano in ogni angolo della casa. Da questo momento sarà l'unico sospettato per il delitto. Il 24 settembre 2007 il pm Rosa Muscio ordina il fermo di Alberto Stasi. La prova «regina» consiste nella presenza del dna della vittima sui pedali della bicicletta in sella alla quale Alberto sarebbe fuggito dopo l’omicidio. Il 28 settembre 2007 il gip dispone la scarcerazione di Alberto: non ci sono prove. IL PROCESSO Il 3 novembre 2008 la Procura chiede il rinvio a giudizio di Alberto Stasi. Alla fine di dicembre, Alberto viene indagato per una nuova ipotesi di reato: detenzione e divulgazione di materiale pedopornografico. Nel suo pc ci sarebbero decine di file a sfondo sessuale che coinvolgono minorenni. Il 23 febbraio 2009 comincia l'udienza preliminare davanti al giovane gup Stefano Vitelli. I legali di Alberto scelgono il rito abbreviato. Il 9 aprile 2009 i pm Rosa Muscio e Claudio Michelucci chiedono la condanna a 30 anni di carcere. «Colpevole al di là di ogni ragionevole dubbio - dicono - ha ucciso per una lite avvenuta la sera precedente». Il 30 aprile 2009 il gup decide a sorpresa, quattro nuove perizie sui punti oscuri dell'inchiestadefinita«lacunose» . Il 17 dicembre 2009 Alberto Stasi viene assolto. La perizia informatica dimostra che Stasi stesse lavorando a casa sua alla tesi di laurea durante il probabile orario del crimine, tra le 9 e 12. Tutti gli altri indizi per il gup sono «contraddittori o insufficienti».L’ 8 novembre 2011 comincia il processo d'appello davanti ai giudici milanesi. Il pg Laura Barbaini chiede 30 anni di carcere o, in subordine, la rinnovazione del dibattimento. Il 6 dicembre 2011 la Corte d'Assise d'appello conferma l'assoluzione. IL RICORSO Parte civile e procura generale presentano un ricorso in Cassazione che il 18 aprile 2013 annulla la sentenza d'assoluzione e dispone un nuovo processo Il 9 aprile 2014 inizia il processo d'appello bis per Stasi. Il Pg chiede nuove indagini. Il 30 aprile riapre il dibattimento. Il 22 settembre 2014 per iconsulenti dell'accusa appare «impossibile che Stasi non si sia sporcato le scarpe di sangue quando ha ritrovato il corpo della fidanzata». Il 3 novembre 2014 i Carabinieri confermano presenza graffi sulle braccia di Stasi dopo la morte di Chiara. IL 24 novembre 2014 il Pg Laura Barbaini chiede la condanna di Stasi a 30 anni di carcere per omicidio aggravato dalla crudeltà. Per la parte civile ci sono «11 indizi gravi, precisi e concordanti». Il 17 dicembre 2014 Stasi viene condannato a 16 anni di carcere e 1 milione di risarcimento. La condanna non riconosce l'aggravante della crudeltà.