Zanne d'elefante e pellicce di leopardo. La casa d'asta sul banco degli imputati
Zanne d'avorio di elefanti e ippopotami, pellicce di leopardo e denti di cetacei. La casa d'asta “Antonina 1980” proponeva pezzi unici. Peccato che secondo i magistrati gli “oggetti provenissero da esemplari di animali di specie protetta”, ovvero tutelati dalla Comunità Economica Europea che impone una specifica documentazione che ne attesti la provenienza regolandole il commercio. Per questo motivo sette persone, tra venditori e titolari della casa d'asta, rischiano di essere condannati perché accusati di aver eluso la convenzione sul commercio internazionale delle specie animali e vegetali in via d'estinzione, un regolamento siglato a Washington il 3 marzo del 1973. Era stato proprio il catalogo pubblicato dall'azienda a insospettire gli inquirenti. Effettivamente, stando al capo d'imputazione, nelle aste della “Antonina 1980” era possibile acquistare “una pelliccia di pantera pardus(di leopardo ndr), due zanne di avorio di elefante, due netsuke di avorio di elefante, due miniature di avorio di elefante, due sculture di elefante e un dente di cetaceo”. La vicenda risale al 2011 e attualmente, sul banco degli imputati, non siedono solo i titolari della casa d'asta ma anche i venditori che precedentemente avevano proposto all'azienda i singoli oggetti provenienti da animali in via di estinzione. Tutto materiale che poi sarebbe stato venduto al migliore offerente. Magari si trattava di vecchie pellicce ereditate, di oggetti che i privati possedevano anche prima dell'entrata in vigore della legge. Resta il fatto che avrebbero provato a venderli quando ormai le normative erano in vigore. Durante il procedimento però, i periti della difesa hanno spiegato che alcuni oggetti erano dei falsi, ovvero non provenivano da vere specie protette nonostante venivano spacciati per autentici.