Papà Giuliani non sopportava Carlo

In Italia capita che la patente di martire venga assegnata a sproposito. È accaduto a Carlo Giuliani, il giovane morto ad appena 23 anni a Genova, in Piazza Alimonda, il 20 luglio 2001 per un colpo di pistola esploso da un carabiniere più giovane di lui, Mario Placanica, a cui voleva tirare addosso un estintore. Erano i giorni del G8 e della guerriglia no-global. Quella di Giuliani è tragedia vera. Ma la pietas non dovrebbe invadere l’oggettività dei fatti e mescolare ruoli che vanno tenuti ben distinti. Invece da quattordici anni c’è una corrente di pensiero che vuol far passare Carlo Giuliani da eroe e capita che all’avvicinarsi della ricorrenza di quel giorno si scatenino polemiche. Quest’anno, il Coisp, sindacato indipendente di polizia, il 20 luglio avrebbe voluto essere in Piazza Alimonda per promuovere, con una giornata di dibattiti e una raccolta firme, la rimozione della lapide che commemora Carlo Giuliani. Titolo della manifestazione: “L’ estintore come strumento di pace”, a ricordo dell’istantanea di quei momenti impressa nella memoria collettiva. Per evitare di arrivare dopo il gruppone di agiografi del giovane, che ha eletto Piazza Alimonda a proprio santuario, il Coisp aveva comunicato alle autorità di voler utilizzare il luogo pubblico già nel 2013. Nulla da fare, autorizzazione negata dalla Questura, che invece ‘salva’ la commemorazione del Comitato Piazza Carlo Giuliani Onlus. Motivi? L’iniziativa del Coisp, si legge nella comunicazione, “non può non essere percepita come provocatoria rispetto alla memoria di Carlo Giuliani”. Quindi tutto vietato per motivi di “ordine pubblico”. Nel Paese dei colmi può accadere che la messa in pericolo dell’ordine pubblico sia imputabile ad un sindacato di polizia. Nel Paese della memoria gassosa accade che, se quel 20 luglio 2001 in piazza c’erano lo Stato da una parte e i suoi calpestatori dall’altra, ora lo Stato stesso abdica a rivendicare il suo ruolo, lasciando campo libero al ‘culto dell’eroe’ a beneficio di un ragazzo che voleva uccidere un suo coetaneo appartenente alle Forze dell’Ordine. E quanto quel ‘culto dell’eroe’ sia completamente fuori luogo lo dimostra lo stesso Coisp, in maniera cruda ma oggettiva. Replicando a distanza alle parole di Giuliano Giuliani, padre di Carlo, che ne aveva bollato come ‘provocazione’ la volontà di essere in Piazza Alimonda il 20 luglio, il Sindacato ripropone sul proprio sito il testo di alcune intercettazioni. Fanno parte di un’indagine del 2000, per traffico di stupefacenti, dove finì (posizione poi archiviata) anche il nome di Carlo Giuliani. Nelle conversazioni captate, i coniugi Giuliani appaiono stremati, insofferenti e consapevoli di fronte alle magagne di un figlio che sembra avere più di un problema di droga e posti di blocco. In un passaggio, risalente al 2 febbraio 2000, parlano tra loro del racconto che Carlo avrebbe fatto a sua madre Heidi di una sua “visita ai carabinieri”. “O aveva bevuto o era fatto in una maniera spaventosa – spiega la donna – due occhi che non ti dico”. E il padre, di rimando: “questo ci porta o alla pazzia o alla tomba, non so”. E ancora, conversazione del dicembre ’99, tra Carlo e suo padre. Il giovane racconta di essere stato fermato dai carabinieri che gli hanno sequestrato un coltello. “Succede ogni tre giorni che mi fermano, ti fermano perché è un regime”, dice Carlo.Il padre gli risponde: “Stupidaggini, adesso, il regime... piantala di dire cazzate”. E lui: “uno stato di polizia funziona così”. E Giuliano, ancora: “Piantala di dire queste cazzate incredibili”. Ancora, in un’ altra conversazione, il padre appare davvero esasperato dai continui problemi del figlio, e gli scappa un’esternazione improvvida, una battuta infelice: “speriamo di far presto un bel funerale”, che fa infuriare la moglie. Insomma, una situazione drammatica. Ma tutt’altro che il cursus honorum di un eroe.