L’operaio con la mania delle ragazzine

L'indagine sfociata nell'arresto dell'insospettabile muratore di Mapello, Massimo Giuseppe Bossetti, un biondino tutto casa, famiglia e lampade abbronzanti, racchiude le caratteristiche di una elaborata stategia investigativa. A tratti sconclusionata, a tratti tortuosa. Sicuramente costosissima. Nei fatti, tuttavia, vincente. Gli orli amari della triste parabola vitale di Yara Gambirasio, ginnasta tredicenne con l'apparecchio ai denti e gli occhi vispi di una gazzella, sono noti. È il 26 novembre di cinque anni fa quando la ragazzina, pur non avendo allenamenti, insiste per andare nella sua palestra di Brembate, a poche centinaia di metri dalla casa in cui abita con i genitori. Dunque va e dalle 18.45 scompare nel nulla. Il suo corpo devastato da sedici coltellate sarà rinvenuto in uno squallido campo incolto, a dieci chilometri da casa, in località Chignolo d'Isola. L'autopsia rivelerà che è stata picchiata e lasciata morire di freddo. L'agonia è stata lunga e l'unico conforto per Yara è stato il cielo stellato, che l'ha vegliata fino alla morte. L'assassino non ha lasciato tracce. Anzi no, una l'ha lasciata. E si rivela più importante del previsto. È una traccia di sangue, sui leggins di Yara, che va a mischiarsi con quello della vittima. La piccola Gambirasio è una ragazzina pura, di quelle che vivono di sport e merendine. Nessun filarino, nessun nemico. E allora? Gli investigatori, con a capo il sostituto Letizia Ruggieri, decidono di procedere per tentativi. Ed il primo è quello di sottoporre al test del dna gli avventori della discoteca che è lontana poche decine di metri dal luogo del delitto. Non si sa mai. Il caso vuole che uno dei ragazzi che frequentano la pista da ballo, Damiano Guerinoni, sia figlio di una ex domestica di casa Gambirasio. E che il suo dna abbia qualche parte in comune con quello di «Ignoto uno», il killer della ragazzina di Brembate. Da Damiano si risale ad un autista di Gorno, Giuseppe Guerinoni, morto nel 1999 a 61 anni. Il dna ritrovato sui pantaloni di Yara appartiene ad uno stretto congiunto dell'autista. Vengono dunque sottoposti all'esame i tre figli di Guerinoni, ma l'impronta genetica non coincide. I biologi sono convinti che l'uomo abbia avuto un figlio illegittimo ed a quel figlio appartenga il dna del killer. Letizia Ruggieri va avanti nonostante l'Italia dei Talk show noir critichi le spese folli dell'inchiesta. Vengono effettuati diciottomila prelievi, ascoltate centinaia di persone. È un amico di Guerinoni a dare la dritta giusta che porta ad una donna, Ester Arzuffi. È il mese di aprile del 2014, il cerchio sta per stringersi intorno a Massimo Bossetti. Ester Arzuffi, che nega tuttora di aver avuto rapporti sessuali con il padre naturale dei suoi figli, ha 67 anni ed una tempra d'acciaio. Ha conosciuto l'autista alla fine degli anni Sessanta. Sono entrambi sposati quando avviano una relazione: nel 1970 Ester dà alla luce due figli gemelli. Il maschio sarà chiamato Massimo Giuseppe (per ricordare il padre naturale), la femmina, fotocopia di Guerinoni, viene chiamata Laura, proprio come la moglie dell'amante. Nessuno sa niente della tresca. Quando il dna di Ester Arzuffi conferma che è lei la madre di «ignoto uno», i giorni sono contati, per il figlio di quella passione nascosta, Massimo l'insospettabile. Ma chi è Massimo Bossetti? Uno a cui gli investigatori non sarebbero mai arrivati, se non attraverso quel dna. Ha occhi chiari e torbidi, i capelli che schiarisce perché la cura che ha del suo corpo è maniacale. Ha una moglie che definire bella è poco. Ha tre figli, un lavoro come operaio edile e cani e gatti in casa. Marito e padre modello, se non fosse per quelle ricerche che fa attraverso il suo computer. «Tredicenni». «Tredicenni vergini». E quando non vuole lavorare, s'inventa una chemioterapia per un tumore che, dice, ha in testa. Massimo Bossetti, che non risulta conoscesse Yara (ma la circostanza andrebbe approfondita) viene arrestato il 26 giugno 2014. Lo incastrano il dna, le celle telefoniche che lo collocano nelle vicinanze della palestra nell'ora in cui è uscita Yara e le telecamere che riprendono il suo furgone aggirarsi più volte intorno alla palestra medesima. Bossetti piange e giura di non conoscere Yara. I difensori gridano al complotto. Il loro assistito è innocente. Ed il dna trovato ha un elemento che non combacia con il muratore. Davanti alle prove schiaccianti dell'accusa loro seminano dubbi. Chissà se convinceranno i giudici.