"Io, traghettatore di anime nere È rischioso ma guadagno bene"
«Mia moglie dice che faccio il tassista di anime nere. Io dico che aiuto chi è nato dalla parte sbagliata del mondo. Ora, come la metti la metti, io con questo lavoretto ho svoltato: affitto i minivan a poco più di 200 euro al giorno, solitamente in zona centrrale, e da lì arrivo a Ponte Mammolo intorno alle 23, quando la situazione è tranquilla e in giro non ci sono le guardie. Ne carico quattro, cinque, anche sette per volta, non hanno neanche bagagli». Mario (il nome del moderno Caronte, come da accordi, è di fantasia) ha 47 anni. Dopo 23 in servizio in una nota fabbrica in Campania, la riduzione dell’orario e il drastico taglio dello stipendio lo hanno portato a cavalcare l’onda dell’immigrazione clandestina. Lei porta gli immigrati da Roma al nord Italia. Quanto guadagna? «Gli sbarchi sono l’emergenza di questo millennio ed io non ho fatto altro che guadagnarci. È un lavoro rischioso, certo, ma la voce si sta spargendo e siamo sempre di più ad affittare mezzi e a traghettare queste povere anime verso la via di fuga dalla fame e dalla disperazione. Lo so che non si potrebbe fare, ma alla fine sapete che c’è? Io mi guadagno da vivere senza rubare e loro se ne vanno da una città che non può accoglierli verso un futuro più sereno». Il "traghettatore di anime" ha detto? Una nuova figura professionale? «Mah...Più che altro lo vedo come un impiego a tempo, finché dura. Io vengo da un paesino in provincia di Napoli tre o quattro volte a settimana, a seconda delle chiamate. I miei clienti sono eritrei ed etiopi, qualcuno anche senegalese. Li trovo con il passaparola, si fidano. Con le loro buste di plastica in mano, e qualche bottiglia sotto braccio, salgono con i soldi in bocca. Lo sanno già quanto devono pagare per arrivare al nord: 350 euro tutto compreso, gli do pure la coca-cola quando hanno sete. In fondo tra benzina e casello il prezzo è giusto, pagano molto di più agli scafisti che li portano in Italia. Io ne carico di media 7 ogni sera. Così facendo da un mese e mezzo riesco a garantire di nuovo alla mia famiglia un futuro dopo che mi hanno dimezzato lo stipendio in fabbrica». Gli immigrati come fanno a trovarla? Esiste un sito internet che pubblicizza la sua attività? «No, per carità. Non è certo un lavoro del quale si può parlare, figuriamoci se lo promuoviamo. Però tra clandestini sbarcati in condizioni di fortuna e diretti verso il Nord Europa si aiutano parecchio. Sanno che non possono muoversi liberamente, senza documenti, ed accettano i passaggi verso Milano o Torino da persone a posto con le carte in regola». Siete solo italiani a fare questi viaggi o ci sono anche stranieri? Magari tra gli immigrati che risiedono già all'estero. «No no. Ci sono anche molti francesi, proprio quelli che li bloccano l’ingresso. L’unico requisito per questo lavoro è essere a posto con i documenti e avere la possibilità di affittare un furgoncino, meglio se con i vetri oscurati. Poi una volta alla frontiera tra Italia e Francia, ad esempio, chi è cittadino europeo passa spesso senza problemi». Ma come li passate i controlli? Posti di blocco o caselli non vi spaventano? «Vabbè, mica prendiamo l’autostrada! Il segreto sta nel prendere strade provinciali, senza dare troppo nell’occhio, e nel non fermarsi mai in posti dove c’è gente. Chi sale sui pulmini è abituato a traversate in mare sui gommoni, non teme sette ore senza pause agli autogrill. In ogni caso è sempre conveniente nasconderli, magari nel portabagagli, se si ha il timore di un controllo alla frontiera». Potrebbero comunque fermarvi. «A volte, purtroppo non sempre, un socio che si intasca una parte del guadagno precede il mio minivan di 300 metri, così da segnalarmi eventuali situazioni a rischio o forze dell’ordine nei paraggi. Lui va avanti, io mi fermo in attesa che si calmino le acque. E poi c'è sempre qualche amico alle frontiere pronto a chiudere un occhio. Cento euro fanno comodo a tutti». Qualcuno potrebbe dirle che sta campando sulle disgrazie altrui. Qualche rimorso di coscienza si prova a trasportare clandestini come bestiame? «No, neanche uno. Nel mio paese si dice: ‘Pigliate 'a bona quanno te vene, ca 'a malamente nun manca maje’: prenditi la buona occasione quando ti capita, perché la cattiva non manca mai. I mafiosi qui a Roma non hanno detto la stessa cosa? Si fanno più soldi con gli immigrati che con la droga». Ci sono organizzazioni che vi controllano o siete autonomi? «Ora volete sapere troppo». Ma qualcuno vi controllerà? «Ho finito. Sono saliti tutti e devo andare: prima che sorga il sole devono stare a 600 km da qui, possibilmente senza manette ai polsi. Buonanotte».