"Bossetti massacrato dal video dell’arresto"
«Questo non è giornalismo, è il massacro della persona. Una cosa da terzo mondo. Denuncerò tutto all’Ordine dei giornalisti e alla Procura di Milano». Il professore Carlo Taormina si dice disgustato per «l’indegna e schifosa operazione fatta venerdì scorso da una trasmissione tv», che ha mandato in onda tutta la ripresa dell’arresto di Massimo Giuseppe Bossetti. «Se dovesse risultare colpevole di aver ucciso la piccola Yara, potranno pure buttare la chiave - spiega l’avvocato - ma ora merita un regolare processo in presunzione di non colpevolezza». Proprio stamattina il giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Bergamo dovrà decidere se rinviare a giudizio Bossetti. In carcere dal 16 giugno, il muratore è accusato di omicidio aggravato, per aver ucciso con crudeltà la 13enne Yara Gambirasio, e calunnia, per aver indicato un collega come possibile assassino. Sul 44enne pesano una serie di indizi, tra cui la prova del Dna. Sono state studiate misure di sicurezza per tenere lontani giornalisti e fotografi dall’aula, intanto però fa discutere il video dell’arresto, trasmesso in tv e su internet. Cosa ha pensato vedendo quelle immagini? «Erano mostruose. È stato mostrato pubblicamente, come fosse un trofeo di caccia, un momento di umiliazione che doveva rimanere riservato. Bossetti non stava scappando, era come un capretto: tranquillo, immobile, non diceva una parola. È stato fatto inginocchiare, gli hanno girato le braccia per applicargli le manette. Era inebetito, ma ha saputo mostrare una dignità ignota agli operanti». Secondo lei sono stati commessi degli abusi nell’arresto? «Ci possono essere operazioni cruente, che richiedono precauzioni particolari da parte delle forze dell’ordine, perché l’arrestato può scappare o essere armato. Ma una cosa è che siano fatte, un’altra è che siano esibite in pubblico, speculando sulla morbosità». Che implicazioni ci possono essere? «Bisogna stabilire se sono girati soldi. Chi ha consegnato il video ai giornalisti ha violato il segreto d’ufficio, chi l’ha ricevuto ha commesso ricettazione, perché sapeva essere di provenienza illecita, in quanto frutto di una violazione del segreto istruttorio. Il procedimento è in udienza preliminare, quindi gli atti non possono essere pubblicati. E quel video non è un atto processuale». Ci sono già precedenti di questo tipo. Si pensi al video dell’arresto di Massimo Carminati. «Bisognerebbe discutere pure su quello, anche se lì la ripresa fatta era nei momenti precedenti l’arresto. Mentre per il caso Marrazzo ci sono carabinieri imputati di ricettazione, per aver messo in vendita la registrazione dell’appartamento dove stava l’ex governatore». Lei stesso è stato protagonista della spettacolarizzazione di alcuni suoi casi giudiziari. «Sì, io non sono stato estraneo alla crescita di questo inverecondo sistema. Ma ora l’imbarbarimento del giornalismo, specie televisivo, alla ricerca di audience, è divenuto qualcosa di vergognoso, non più tollerabile. Inoltre c’è il rischio di condizionare chi deve giudicare. Considero il giornalismo giudiziario e d’inchiesta l’unico strumento di controllo sulla magistratura, ma la deriva è allarmante. Si devono stabilire regole, non si può andare avanti così. Domani (oggi, ndr) presenterò un esposto all’Ordine dei giornalisti e alla Procura di Milano».