E Papa Francesco chiede di fermare la mercificazione delle donne
La proposta del Comune di Roma di istituire delle strade «riservate» alla prostituzione è giunta proprio mentre si fa più intenso l’impegno della Chiesa contro la tratta di esseri umani. Dalla veglia di venerdì sera all’odierna giornata di preghiera e riflessione la mobilitazione è totale. Ieri anche Papa Francesco è tornato ad affrontare il tema nel suo discorso a conclusione della plenaria del Pontificio Consiglio della Cultura che ha messo la donna al centro dei suoi lavori con il tema «Le culture femminili: uguaglianza e differenza». Francesco ha toccato vari aspetti, compreso quello della necessità di una valorizzazione del ruolo femminile nella Chiesa, ma nel suo passaggio centrale ha sottolineato che una delle tematiche affrontate dal Consiglio «richiama la bellezza e l’armonia del corpo che Dio ha donato alla donna, ma anche le dolorose ferite inflitte, talvolta con efferata violenza, ad esse in quanto donne. Simbolo di vita, il corpo femminile viene aggredito e deturpato anche da coloro che ne dovrebbero essere i custodi e compagni di vita - ha ricordato il Papa - Le tante forme di schiavitù, di mercificazione, di mutilazione del corpo delle donne, ci impegnano dunque a lavorare per sconfiggere questa forma di degrado che lo riduce a puro oggetto da svendere sui vari mercati. Desidero richiamare l’attenzione, in questo contesto, sulla dolorosa situazione di tante donne povere, costrette a vivere in condizioni di pericolo, di sfruttamento, relegate ai margini delle società e rese vittime di una cultura dello scarto». Durissimo l’editoriale pubblicato ieri da Avvenire: «Nella migliore delle ipotesi - scrive Francesco Riccardi - si tratta di una pericolosa illusione. Quella di pensare di circoscrivere un dramma - perché la prostituzione prima di essere un problema sociale è un dramma umano immenso - a qualche via e al "monitoraggio" degli operatori sociali che dovrebbero controllare "lo stato delle ragazze", "eventuali sfruttamenti" (sic!) o "stati di disagio fisico o psichico"». E che questa «prostituzione col bollino del Campidoglio non solo risulti umanamente e socialmente "accettabile" ma basti a far sparire altrove, come d’incanto, la tragica offerta di sesso a pagamento». E, conclude il quotidiano dei vescovi, «Roma si fa capofila di un progetto che assomiglia alla polvere celata sotto un tappeto di luci rosse. Un lavarsi la coscienza, come le strade. Non una scelta decisa per affrontare il dramma della prostituzione. Un’ipocrita (e forse ideologica) operazione per il "decoro" urbano. Non un impegnoconto il degrado umano, a fianco delle vittime. Ne proviamo vergogna». Severo anche il giudizio di Carlo Costalli, presidente del Movimento cristiano lavoratori: «Quella che può sembrare a prima vista quasi una boutade è in realtà una decisione sconvolgente, che nasce dalla falsa motivazione di liberare le donne dallo sfruttamento e dalle violenze. Come si può pensare di rinchiuderle in ghetti, con quartieri trasformati in vere e proprie "case chiuse" a cielo aperto? La dignità delle donne si difende in ben altro modo». Contraria anche Lidia Borzì (Acli): «Pessima notizia. Per far fronte allo sfruttamento di queste ragazze si debba intervenire in chiave preventiva, con misure sociali, e sul versante dell’istruzione. Serve invece un’alleanza stretta fra istituzioni, Comune, forze sociali, comitati di quartiere, forze dell’ordine».