Gioielliere nei guai per i brillanti dell’attrice
Una grande diva degli anni ’20, la scomparsa di 26 pezzi per toiletta in tartaruga e brillanti dal valore inestimabile, l’Interpol e due importanti gioiellerie europee. Una storia che unisce Roma a Parigi passando anche per Santa Margherita Ligure. Se non fosse accaduta realmente si potrebbe pensare alla trama di una delle opere dell’interprete pirandelliana Vera Vergani o a un film del genero e regista Giuliano Montaldo, come «Gli Intoccabili» o «Sacco e Vanzetti». Invece si tratta di una storia vera dove la figlia di Vera Vergani, Vera Pescarolo Montaldo, interpreta suo malgrado il ruolo della vittima di una presunta appropriazione indebita che avrebbero commesso due fratelli, gioiellieri con un’importante attività in via Barberini, nel cuore della Capitale. Non è una sceneggiatura a raccontare la vicenda ma gli atti di un processo che vede i due artigiani e commercianti costretti a difendersi in un aula del tribunale romano. Sono trascorsi oltre 25 anni dalla morte di Vera Vergagni, attrice teatrale milanese di grande fascino che fu la preferita di autori come Gabriele d’Annunzio, Luigi Pirandello e Dario Niccodemi e che fu apprezzata e lodata da famosi critici, primo fra tutti Antonio Gramsci. Grazie al suo lavoro, ad esempio nella compagnia di Ruggero Ruggeri, negli anni ’20 la donna, che interpretò anche uno dei Sei personaggi in cerca d’autore, riuscì a comprare a Parigi, da Van Cleef & Arpels, una maison di alta gioielleria francese, un set di circa 26 pezzi, utensili in tartaruga e brillanti che a metà degli anni ’80 vennero valutati ben 400 milioni di vecchie lire. In epoca fascista quegli oggetti dall’inestimabile valore artistico furono però rubati da una villa a Santa Margherita Ligure dove risiedeva, in affitto, la più grande interprete de «La figlia di Jorio», di Gabriele d’Annunzio. Fu una soffiata anonima ad allertare l’Interpol consentendo così il recupero dei preziosi. Dopo la morte dell’attrice fu la figlia, Vera Pescarolo Montaldo, a custodire quei gioielli. Arriviamo così al 2010, quando Vera Pescarolo, moglie del regista Giuliano Montaldo, decide di recarsi in una nota gioielleria di Roma, in via Barberini. I gioielli dovevano infatti essere restaurati. Trascorsi sei mesi, l’orafo concluse il suo lavoro per il quale la donna, stando alla denuncia, pagò 250 euro preferendo però, come accaduto in altre circostanze, non ritirare i preziosi, affidandoli temporaneamente al negozio. Dopo circa un anno la vittima avrebbe voluto recuperare quanto consegnato ma il fratello del gioielliere avrebbe affermato che i preziosi erano in fase di restauro, che il fratello, l’orafo a cui erano stati consegnati i gioielli, era deceduto e che al più presto avrebbe restituito quei tesori. Nonostante le numerose telefonate però i capolavori non erano tornati in casa Pescarolo Montaldo e così gli orafi, ultime persone in possesso dei gioielli, sono costretti a difendersi dall’accusa di appropriazione indebita. «La famiglia e la difesa – commenta Federica Paniccia, il legale che assiste la donna - si augurano che anche questa volta le forze dell’ordine contribuiscano al ritrovamento di un bene appartenuto a una donna che è stata un simbolo dell’arte e della bellezza italiana, che continua oggi con la figlia,Vera Pescarolo, per l’impegno profuso nel cinema italiano».