«Crocerossina per tutta la vita anche se l’Italia non ci conosce»
Ama, conforta, lavora e salva. Era e resta, dopo 106 anni, il motto delle crocerossine, quelle infermiere volontarie della CRI protagoniste sul campo della Storia del nostro Paese. Antesignane del femminismo, donne di ogni ceto sociale, dalle regine (la duchessa d’Aosta, Maria Josè) alle casalinghe, tutte uguali nella loro divisa con la croce rossa sul petto, il velo sulla testa, e un unico ideale per il quale sono pronte a donare anche la vita. Donne un po’ speciali, con un entusiasmo che non finisce mai perché «si è crocerossine per tutta la vita». Parmigiana, sorriso contagioso e sguardo volitivo, lo conferma sorella Mila Brachetti Peretti che oggi, dopo undici anni, lascia il suo ruolo di Ispettrice Nazionale ma non certo di crocerossina. «Mi sono diplomata infermiera volontaria Cri nel 1971 e resto tale - spiega l’ex ispettrice - rimango in servizio attivo e farò quello che mi si chiederà» Perché, come diceva sorella Menada «è un sottile veleno che ti penetra nelle vene e non ti molla più». Cosa serve per diventare crocerossina? «Essere una cittadina italiana che fa dell’impegno umanitario la sua missione, avere dai 18 ai 55 anni, un titolo di studio di scuola secondaria, sana e robusta costituzione - dice sorella Peretti - poi si segue un corso biennale, duemila ore tra teoria e pratica, per ottenere il titolo di operatore socio sanitario specializzato. Ma soprattutto, tanta forza di volontà, conoscere leggi, un tocco di diplomazia». Attualmente le sorelle sono sedicimila, soltanto quest’anno si sono diplomate 870 giovani infermiere ma...? «È difficile avere nuove entrate soprattutto perché è difficile fare pubblicità al nostro lavoro - dice non senza colpevolizzare l’intervistatrice la Peretti - Le crocerossine non sono finite con la prima guerra mondiale, siamo state le antesignane della donna moderna, in prima linea, sulle navi e i treni militari, uniche...Però non siamo presenti soltanto nelle emergenze, guerre o terremoti, noi lavoriamo tutti i giorni: siamo ausiliarie di tutte le forze armate, accompagnano i militari dove serve il nostro profilo, in Italia e all’estero». Pubblicità a parte, il vostro «corpo» non è un po’ elitario? «Da noi non esistono titoli, dalle laureate alle cuoche siamo sorelle e basta. Abbiamo sempre privilegiato la qualità non la quantità né la provenienza. Chi decide di diventare crocerossina ha non solo voglia di fare volontariato, ma dare ottimismo, fare la differenza scegliendo l’appartenenza al corpo, l’etica, l’educazione, i modi, il portamento, la divisa, la formazione continua». In effetti c’è chi notò il vostro portamento alla sfilata del 2 giugno... «Da gennaio iniziamo a pensare alla sfilata, poi ci vogliono almeno due settimane di addestramento per imparare a marciare in quel modo...E le due settimane vengono sottratte al lavoro, si prendono le ferie». Volontarie tout court? «Sì, siamo veramente volontarie senza supporti. Abbiamo fondi dal ministero della Difesa per addestramento e funzionamento del corpo ovvero per divise e spostamenti. Niente altro». Dal Friuli al Libano, Mila Brachetti Peretti porta sul petto tutto quello che ha guadagnato sul campo: è fiera del suo percorso da crocerossina? «Il nostro corpo è militarmente e piramidalmente organizzato. Io ho fatto tutto il percorso e sono soddisfatta di tutto quello che mi ha dato, anche il mio ruolo di ispettrice: la collaborazione, l’amicizia, il rapporto con le sorelle. La mia vita è stato il corpo delle crocerossine». Come il resto del Paese, però, anche la Cri è in crisi? «La Cri è in crisi da anni anche se, nella nuova riforma, nulla è innovato nel corpo delle infermiere. In questo momento è poco considerato il ruolo della Croce Rossa, eravamo forti un tempo ma oggi sono in pochi a ricordarselo». Eppure la Cri ha fatto la storia dell’Italia: era della Cri l’ambulanza su cui fu caricato Mussolini il 25 luglio, i carabinieri avevano la divisa della Cri, nel 1950 in Corea, insieme ai militari c’erano le crocerossine, ancora oggi, davanti ai pronto soccorso c’è il simbolo della croce rossa. Mila Brachetti Peretti sembra rattristarsi nel ricordo... «Il nostro vero amico - sottolinea - è il corpo militare che non è riconosciuto e valorizzato come dovrebbe essere. L’attaccamento al nostro Paese andrebbe dimostrato anche con l’attaccamento alla Cri, in molti hanno avuto bisogno di noi, in molti hanno avuto il nostro conforto. Chi si avvicina alla Cri deve farlo eticamente non pensando che il volontariato sia la bretella di lancio per nuovi successi». Solo un’ombra fugace di tristezza passa negli occhi di sorella Mila Brachetti Peretti: oggi passa il testimone a sorella Monica Dialuce Gambino, ma lei resta in campo. È già pronta a fare grandi cose con l’Associazione «Crocerossine d’Italia». E non è una minaccia.