«La mamma peggio delle baby squillo»
Papponi, spacciatori e profittatori di ragazzine. E ancora genitori che si trasformano in orchi pur di potersi permettere gli sfizi personali e clienti senza scrupoli che si fingono 007 privati per estorcere denaro a due adolescenti finite in un gioco per forza di cosa più grande di loro: le 90 pagine di motivazioni della sentenza di condanna di primo grado sul caso delle baby squillo dei Parioli a Roma rappresentano un salto nel buio dentro il cuore nero di una città sull’orlo di una crisi di nervi. «Emerge - scrive il giudice per le udienze preliminari De Robbio - un desolante quadro di superficialità e cinismo, che accomuna organizzatori della prostituzione minorile e clienti, nel consapevole intento di approfittare per il proprio tornaconto (sia esso economico o di soddisfacimento della libido sessuale) dell’evidente incapacità delle due ragazzine di rendersi pienamente conto delle conseguenze di ciò che stavano compiendo». Nessuno scrupolo, nessuna remora morale: le due adolescenti adescate grazie ad un innocuo annuncio sul web erano finite nelle mani di un gruppo di personaggi disposti a tutto pur di guadagnare il più possibile sulla pelle delle ragazzine (all’epoca dei fatti rispettivamente di 14 e 15 anni). E poco importa che le due giovani Lolite bramassero i «guadagni facili» promessi in rete. «In nessuna delle numerosissime conversazioni degli imputati - scrive ancora il giudice - emerge alcuna preoccupazione o scrupolo in relazione alla scelta di indurre alla prostituzione delle ragazzine da poco uscite dalle scuole medie; la loro giovane età è anzi vista sempre e soltanto come fonte di maggiore attrattiva "commerciale” e dunque di guadagno per gli sfruttatori Ieni e Pizzacalla e di piacere sessuale per gli altri». NEL NOME DELLA MADRE In questo baratro di corpi svenduti al miglior offerente, una parte importante la recita la madre di una delle due ragazzine finite loro malgrado nel giro di prostituzione. Una madre che prima fa finta di niente, poi finge di credere alle assurde giustificazioni della figlia (che per giustificarsi si trasforma in spacciatrice di cocaina) e infine pretende denaro dalla adolescente. Sembra una scena di «brutti, sporchi e cattivi» ma al posto delle baraccopoli di periferia cantate da Manfredi siamo nel vialone che taglia in due la cosiddetta Roma bene. «La ragione del micidiale incrocio di vulnerabilità e assenza di valori che costituisce l’humus della vicenda è probabilmente dovuto all’incredibile indifferenza mostrata dalle persone a cui era naturalmente e istituzionalmente affidata la cura della crescita e dell’istruzione delle due ragazze. Si fa riferimento - scrive ancora il Gup - alla madre» della più giovane delle due «che per lungo tempo ha ricevuto dalla figlia quattordicenne versamenti quotidiani di denaro ed ha scelto di non farsi domande sulla provenienza del denaro, non solo prendendo atto della circostanza ma cominciando ben presto a fare conto su quel denaro la cui provenienza illecita era più che evidente, e giungendo infine a sollecitarne i versamenti». E i versamenti dovevano arrivare in continuazione, anche nel caso in cui la ragazzina presentasse malesseri: «Senti un po’ tu non te movi oggi? - chiede la madre intercettata dai carabinieri - e come facciamo? Perché io sto a corto, dobbiamo recuperà. Ma ce la facciamo a recuperare sta settimana?». Una telefonata shock che il giudice sottolinea annotando come «non solo la discesa della quattordicenne nel mondo della prostituzione minorile non è avvenuta all’insaputa della madre, ma è stata da questi incoraggiata per fini economici poiché sui proventi dei rapporti sessuali della figlia, la madre faceva affidamento tanto da allarmarsi per la sospensione degli introiti, pur se tale sospensione era dovuta a ragioni naturali e più che prevedibili». LA SCUOLA E se i problemi fisici sono un ostacolo a cui ci si deve inchinare, quelli legati allo studio invece potrebbero essere bypassati tranquillamente. La ragazza infatti a scuola balbetta e la madre è infastidita dalle telefonate che arrivano dal liceo, tanto che è la stessa genitrice a suggerire alla piccola di abbandonare la scuola: «Quando tu esci da scuola torni a casa due ore studi e ... tanto tu vai sempre alle tre lì, dall’una alle tre puoi studià. Devi fare una scelta – dice ancora la madre al telefono – puoi alternare i giorni. Qui una soluzione bisogna trovarla perché non è che.. riflettici bene e cerca di organizzarti le giornate in modo tale che fai alternativamente. Rifletti bene su questo aspetto della scuola per cortesia perché sennò è inutile... io ti ritiro». E poco importa che la ragazzina fosse ancora in età da scuola dell’obbligo, circostanza tra l’altro tirata in ballo dalla stessa giovanissima che ricorda alla madre che questa ipotesi non sia percorribile. MAGNACCI SUL WEB Ma se la madre di una delle due era consapevole di quanto succedesse (l’altra madre ha invece presentato la denuncia dopo avere subodorato che qualcosa nel comportamento della figlia non quadrasse), tutto era iniziato da un banale annuncio sul web: era stato il militare Nunzio Pizzacalla a dare il via «al meretricio» delle due ragazzine che poi era invece stato «rilevato» dal barista Mirko Ieni. Entrambi, come d’altronde gli altri imputati condannati in primo grado, avevano una cosa sola in testa: guadagnare più denaro possibile grazie a due ragazzine che non potevano rendersi conto fino in fondo di quanto stesse succedendo. Ma se con Ieni gli affari prendono una buona piega – tanto che lo stesso Ieni affitta un appartamento ai Parioli in cui si tengono gli incontri delle due adolescenti e di altre ragazze maggiorenni – con Pizzacalla gli affari non girano, nonostante il militare tentasse di imporsi, redarguendo le ragazze e pretendendo una percentuale sui clienti. Un rapporto così burrascoso che il numero di Pizzacalla viene cambiato dalla ragazze da «lavoro» a «pappone testadimerda». Le cose vanno meglio invece con Ieni che trasforma l’occasione in un vero e proprio business. Un business costruito sulle spalle gracili di due adolescenti e finito solo grazie alla coraggiosa denuncia dell’altra madre coinvolta nella vicenda che, stupita dal cambiamento radicale della propria figlia, non ha esitato a presentarsi davanti ai carabinieri per tirare fuori la ragazzina dal baratro in cui era stata precipitata.