Il terremoto uccide Strage in diretta ad Assisi

Undici i morti, 115 i feriti, oltre cinquemila i senza tetto, molte le persone che hanno passato la notte all’aperto, la basilica di San Francesco irreparabilmente danneggiata, 50 miliardi già stanziati per la ricostruzione. Questo il bilancio del terremoto che ha colpito ieri il centro Italia. Un boato sordo, poi la terra ha tremato nella notte, quando tutto fa più paura. È cominciata così, alle 2,33, questa giornata di fine settembre in Umbria e nelle Marche. Solo due i morti per la prima scossa, forte (ottavo grado Mercalli) ma breve: due anziani coniugi, Francesco e Maria Ricci a Collecurti (Mc). Alle 11,43 è scoppiato il finimondo che è durato alcuni secondi e provocato il crollo della volta della basilica del Santo ad Assisi (nell’immagine ripresa dal Tg5) e distrutto gli affreschi di Giotto e Cimabue. Sotto le macerie sono rimasti due frati e due funzionari della Soprintendenza delle Belle Arti. A Fabriano è morta una donna, Agnese Ciccacci, colpita dai detriti di un cornicione sono decedute altre due persone a Bastia Umbra e una a Pieve Torina. DISTRUTTI PER SEMPRE Non ha tremato solo la terra avant’ieri notte e ieri mattina. Non hanno tremato solo le regioni colpite, veri scrigni d’arte e di cultura. Non hanno tremato solo l’Umbria, le Marche, il Lazio, Roma, l’Italia tutta. Ha tremato il mondo intero, l’intera umanità, colpita nei sentimenti più intimi, nelle più alte espressioni artistiche e culturali. Distrutti per sempre. Raggela sentire che è stata distrutta l’intera opera di Cimabue. O sentire che sono stati seriamente danneggiati gli affreschi di Giotto, di Simone Martini, di Lorenzetti. Raggela sentire che il nostro patrimonio artistico ha subito la più grande perdita di tutti i tempi. Raggela sentire che hanno subito danni incalcolabili la Basilica Superiore, le Chiese di Santa Chiara, di San Rufino, di Santa Maria degli Angeli con la porziuncola, il Vescovado e il Palazzo Papale. Questo sisma ci ha precipitati in un lutto inconsolabile, innanzitutto della mente e del cuore. È come se il nostro Paese fosse oggi un altro Paese, un Paese amputato della sua gloria, del passato migliore. È come se oggi ci risvegliassimo in un’Italia meno Italia. Ma l’uomo, si dirà, si rassegna a tutto e dimentica anche i lutti più crudeli. Forse è così, le grandi tragedie induriscono la mente e il cuore delle Nazioni così come induriscono la mente e il cuore degli uomini. L’Italia non sarà più la stessa, dunque. Se la ragione pretende le sue fredde ragioni, dobbiamo reagire al lutto dei sentimenti, se non dobbiamo regredire in uno stato di impotenza primitiva, infantile, allora dobbiamo prima chiederci se il fato che aleggia sulle grandi catastrofi è la sola causa delle cause. O se, invece, non si debbano vagliare tutte le cause nel loro succedersi temporale, dalle più vicine alle più lontane. È come chiederci se questa tragedia ha dei protagonisti e non solo delle vittime. Dobbiamo chiedercelo nel ricordo dei morti e delle migliaia di senzatetto. Federico Zeri, che ha consumato l’intera vita le opere d’arte, di fronte a un inventario così pietoso di danni ha urlato: «Folli!». E ha spiegato, poi, che tra gli anni Cinquanta e Sessanta, restaurando la Basilica del Santo, hanno sostituito travi di legno con travi di cemento appesantendo e irrigidendo l’intera struttura, che è stata così esposta a maggiori rischi sismici. Non vogliamo fermare i singhiozzi dando sfogo alla rabbia. Di fronte a tragedie come questa un intero popolo è innocente o colpevole per principio perché ha accettato, comunque, un sistema che ha spesso promosso uomini irresponsabili a posti di responsabilità. Ma non è il momento dei processi. I processi li celebreremo nei prossimi giorni e, se si individueranno colpe e colpevoli, nessuno potrà chiedere di essere garantisti ad oltranza. Non intendiamo, dunque, rovistare tra le macerie alla ricerca di comodi alibi. Una prima domanda sentiamo tuttavia di doverla rivolgere al Governo. Deve dirci chi ha suggerito al sottosegretario Franco Barberi di escludere, alle otto di ieri mattina, che ci sarebbero state altre scosse di intensità pari o superiore a quella della notte. Devono dircelo Prodi o Veltroni. Devono dirci perché sono stati esposti dei cittadini a dei rischi gravi, anche mortali, che si potevano forse evitare. E non dimenticheremo mai le immagini della morte in diretta tv di quattro persone sotto la volta della basilica di Assisi. Il vero processo che inizierà nei prossimi giorni sarà ancora una volta alla sempre discussa e sempre mancata politica della protezione civile, alle mancate risposte a eventi sismici gravi previsti dalle stesse autorità di Governo, dallo stesso sottosegretario Barberi. In questo momento di lutto solo il silenzio può esprimere il dolore di un’intera nazione. Alle macerie del Sistema non aggiungeremo, dunque, le macerie di uno Stato che non esiste. Lasciateci meditare nel silenzio, oggi. ORE 11,43 IL CROLLO DI ASSISI C’è il sole ad Assisi. La basilica e la città si stagliano sulla collina verde e arrivando nulla lascia pensare al dramma. Eppure, nel cuore di Assisi, dentro una delle basiliche più belle e famose del mondo, quella di san Francesco, si sta scavando per recuperare dei corpi. Sono quattro le vittime del terremoto che con violenza inaudita ha colpito l’Umbria e il Centro Italia. Due frati e due tecnici della Sovrintendenza alle Belle Arti hanno perso la vita travolti dal crollo della basilica. La scossa che ha svegliato mezza Italia c’era stata alle 2,33 di notte, sesto grado Mercalli. Paura, ma pochi danni, almeno in Umbria. È alle 11,42, invece, che il sisma si ripete dopo numerosissime scosse anch’esse avvertite dalla popolazione. Un boato e la ventina di persone che è all’interno della basilica è colta di sorpresa. Sotto le macerie restano due frati, padre Angelo Api, 40 anni, e Zdzdislaz Borowiec, 25 anni, i due tecnici Claudio Bugiantella e Bruno Brunacci, tra i primi ad essere intervenuti per rilevare i danni. Erano lì per salvare le opere di Giotto e di Cimabue, il senso del dovere è stato fatale. Il terremoto ha buttato giù le volte della metà della basilica superiore all’altare maggiore: gli affreschi di Cimabue nell’abside sembrano danneggiati irreparabilmente, quelli di Giotto in maniera invece meno grave, ma solo nei prossimi giorni si avrà l’esatta dimensione dei danni, comunque incalcolabili. Non si hanno notizie di danni, per fortuna, alla Porziuncola di San Francesco, che si trova all’interno della basilica di Santa Maria Degli Angeli. Fuori, sul prato, l’angoscia dei parenti, il dolore per una tragedia improvvisa e le polemiche che esplodono: si potevano salvare quelle vite? Si poteva ritardare il controllo delle opere? I primi corpi ad essere estratti sono quelli dei due religiosi. Il polacco era ad Assisi da pochi giorni, padre Api da circa otto anni. Il dolore e l’incredulità è sul volto di tutti mentre i vigili del fuoco, la polizia e la Protezione civile transennano e svuotano la basilica da tonnellate di macerie tra cui spuntano pezzi di affreschi, frammenti di storia dell’arte che forse sono finiti per sempre. La vita ad Assisi all’apparenza è normale, ma in realtà i danni riguardano anche la chiesa di santa Maria Maggiore, la basilica di santa Maria degli Angeli (a pochi chilometri), il comune, il vescovado, la cattedrale, tutti inagibili come sostanzialmente tutto il centro storico.