Sfregiò l'ex con l'acido, 20 anni a Luca Varani

C'è un codice d'onore. Un patto non scritto che va rispettato e che si paga spesso con il sangue. Il carcere è anche questo. Ci sono delle regole di vita anche tra chi qualche errore lo ha commesso. Chi sta dentro, chi divide una stanza 4 metri per 4  con altri disperati, stretto fra quattro mura, non ammette giustificazioni né premi di buona condotta: le donne e i bambini non si toccano. Il femminicidio ha una difesa vera e a oltranza, quasi naturale, in luoghi che non ti aspetti. Oggi la giustizia ha fatto il suo corso per un caso emblematico: vent'anni a Luca Varani, 14 ai due albanesi. Questa la sentenza del giudice di Pesaro con rito abbreviato per l'aggressione con acido contro Lucia Annibali. Un applauso delle persone presenti ha accolto la decisione comunicata ai giornalisti dal procuratore capo Manfredi Palumbo. Varani, 37enne ed ex collega di Annibali, è stato ritenuto il mandante dell’agguato avvenuto il 16 aprile del 2013, nell’appartamento della donna: lei aprì la porta di casa e qualcuno con il volto coperto le gettò contro l’acido, che le corrose il viso. Il giudice ha accolto in toto le richieste del pubblico ministero che, però, ne aveva chiesti 20 anche per uno dei due presunti sicari, Rubin Talaban, ritenuto l’autore materiale del gesto. Mentre il connazionale Altistin Precetaj lo attendeva all’esterno facendo da palo. Varani ,nel frattempo, aveva tentato di procurarsi un alibi con una partita di calcio cui partecipò la sera dell’aggressione. Annibali, originaria di Urbino, era stata aggredita nell'androne di casa a Pesaro. Prima di essere trasportata in ospedale a Parma, in gravissime condizioni, fece in tempo a sussurrare un nome. Nel pomeriggio fu fermato un suo collega, l'avvocato Varani appunto anche lui di Pesaro, iscritto all'Ordine degli avvocati di Rimini. L'uomo venne fermato subito per concorso in lesioni volontarie e gravissime. Non riusciva ad accettare la fine della storia. Annibali che dovrà a breve sottoporsi a un nuovo intervento per la ricostruzione dei lineamenti, ha commentato la sentenza definendola giusta. "Ora vado avanti per la mia strada: è paradossale, ma ho ripreso le redini della mia vita". Francesco Coli, avvocato della donna sfregiata, appena resa nota la sentenza, ha commentato: "È stata data una pena mai vista nel nostro sistema. Comunque andremo ad Ancona (per l’Appello) e poi a Roma. Gli avvocati della difesa devono vergognarsi". Lo scorso 8 marzo, in occasione della festa della donna, era stata ricevuta al Quirinale da Giorgio Napolitano, mentre a novembre veniva nominata Cavaliere della Repubblica anche per il coraggio mostrato nel suo schierarsi contro la violenza di genere. Il problema del femminicidio è una triste realtà. Basti pensare che, nell'ultimo anno, sono rimaste uccise 177 donne (dati del ministero degli Interni). Nei tanti casi irrisolti, nelle diverse fattispecie in cui il depravato di turno riesce a farla franca scontando pene ridicole, alle famiglie distrutte delle vittime non rimane che chiedere giustizia a chi è abituato a farsela da solo. Pedofili e stupratori, una volta arrestati, vengono posti in isolamento lontano dai loro stessi compagni di cella. Un gesto di difesa estremo della società nei confronti di uomini senza onore.