Chiese, ospedali e case di cura in mano ai Camilliani da 450 anni
Sono sparsi nei 5 continenti, operano in circa trenta Paesi nel mondo e rappresentano una delle congregazioni religiose più antiche. I Ministri degli Infermi (o Camilliani dal nome del fondatore) furono fondati da San Camillo de Lellis, che ottenne prima l’approvazione della sua «compagnia di uomini da bene» da Papa Sisto V nel 1586, e poi lo status di «ordine» da Papa Gregorio XIV nel 1591. Da allora, la rete dei Camilliani si è estesa in ogni angolo del globo, con una missione precisa: dare «servizio completa alla persona inferma» ed essere «scuola di carità per coloro che condividono il compito di assistenza agli infermi». Si tratta di una rete di ospedali, parrocchie, chiese, centri di ascolto e case di cura e di accoglienza è vastissima. E tocca i posti più «periferici», per usare un tema caro a Papa Francesco. In Asia è presente il 15% della comunità religiosa, in Africa (dove si trova il 13% dell’effettivo dell’ordine) i Camilliani occupano posizioni importanti nel campo della ricerca e nella gestione di strutture socio-sanitarie. Sono 114 gli ospedali di proprietà Camilliani, sparsi in tutto il mondo: dal Kenya al Burkina Faso, dal Benin al Madagascar, passando per Uganda, Togo, Tanzania, Georgia, Laos, Sri Lanka, Vietnam, Haiti, Messico, Brasile, Taiwan, Filippine, Armenia, Bolivia, Cile, Colombia, Ecuador, Perù ed Uruguay. Guardando all’Italia, i Camilliani prestano la loro assistenza spirituale in molte altre strutture italiane medico ospedaliere come cappellani. I Camilliani sono, ad esempio, dal 1980 cappellani al San Camillo-Forlanini di Roma. L’ordine ha anche un suo ateneo, il Camillianum, e una propria rivista «Camilliani-Camillians». Ma sono anche proprietari dell’ospedale di Santa Maria della Pietà di Casoria. È proprio sul controllo di questo ospedale che si sarebbe consumata una battaglia che ha portato poi all’arresto di Renato Salvatore, 58 anni, il superiore generale dell’ordine. Era stato eletto per pochissimi voti di scarto. Ma quei voti erano stati ottenuti grazie a una macchinazione di Paolo Oliverio, commercialista e fiscalista già coinvolto in scandali finanziari da cui è sempre uscito senza condanne. Quel 13 maggio, i due frati che avrebbero potuto spostare l’ago della bilancia dei voti non sono mai arrivati al seggio, bloccati da una «finta audizione» della finanza connessa a «inesistenti indagini di polizia giudiziaria nei loro confronti», i due chierici non sono mai arrivati al seggio, e così non hanno potuto votare. Una macchinazione che avrebbe permesso a Salvatore di mantenere il posto da superiore, e a Oliviero di confermare il proprio potere nella gestione di alcuni ospedali diretti dai Camilliani, tra i quali quello di Casoria, nel napoletano. Un brutto colpo di immagine, per una Congregazione conosciuta in tutto il mondo per la sua assistenza agli anziani e per i progetti nei Paesi in via di sviluppo. Tutto fatto seguendo la spiritualità di San Camillo de Lellis. Abruzzese di origini, San Camillo aveva intrapreso carriera militare. Ferito a un piede, trascorse un lungo periodo di ricovero presso l’ospedale San Giacomo degli Incurabili a Roma. Poi riprese la vocazione militare, fino al congedo. E fu lì che scoprì la sua vocazione religiosa. Entrò nell’ordine dei frati cappuccini di Manfredonia, ma la ferità si riaprì. E allora tornò a Roma, vi conobbe San Filippo Neri, che divenne sua guida spirituale. E la ferita si riaprì di nuovo, quando era tornato al suo noviziato di Tagliacozzo. È allora che San Camillo comprese la sua missione presso gli ammalati. E così, viene nominato maestro di casa all’ospedale di San Giacomo, e si dedica al servizio degli infermi. In cinque lo seguono. Ma nascono incomprensioni con i guardiani dell’ospedale, e vengono allontanati. Nasce così l’idea di una nuova congregazione tutta dedicata al servizio degli infermi. Una attività che non si è mai arrestata. E che continua quest’anno, evidenziata in molte iniziativa per il quattrocentesimo della morte del fondatore San Camillo.