Ecco il racket dei fiori. Con l’"Ape"
È notte quando le «apette» che stazionano fuori dal Mercato dei Fiori della Trionfale sono già cariche e pronte a ripartire. Il «capo area», napoletano, ha fatto il giro di perlustrazione per controllare che sia tutto a posto sui furgoncini che tra poco raggiungeranno le «solite» postazioni su strada, facendo concorrenza sleale ai fiorai autorizzati. Il mercato parallelo dei fiori che ogni giorno si snoda attorno a quello principale, prende forma alle prime luci dell'alba. I camion carichi di fiori provenienti dall'Olanda finiscono di scaricare attorno alle 4 del mattino e i venditori illegali, tutti napoletani e della provincia di Caserta, si riforniscono un po' fuori un po' dentro il mercato, sotto l'occhio vigile di chi, evidentemente, ha il controllo del business. Li chiamano «capi area», uno per ogni zona dove le apette stazionano. Alle 7 motori accesi e via. Le associazioni del settore autorizzato dei fiori, che continuano a fare i conti con la crisi, hanno calcolato che un'apetta incassa in media 100 euro al giorno. Moltiplicate per 400, il numero dei furgoncini presenti a Roma per difetto, fanno 40 mila euro ogni 24 ore. Un milione 200 mila euro al mese. Niente tasse, niente scontrini. Un colpo difficile da sostenere per chi, al contrario, fa tutto in regola. «Nell'ultimo anno hanno chiuso circa 250 punti di vendita regolari – spiega Salvatore Petracca, presidente Ascofiori -Confcommercio – un 10 per cento di queste chiusure sarà sicuramente fisiologico, ma il resto è colpa della concorrenza sleale che subiamo da questi ìsignori dei fiori». Il vero valore dei fiori acquistati per strada è quello che costano meno degli altri. In media del 20%. Il deprezzamento inizia dal momento del rifornimento al Mercato Trionfale, prosegue sui furgoncini posizionati negli angoli strategici, sempre ben visibili, non importa se occupano strisce pedonali o stazionano davanti agli scivoli per i portatori di handicap o ai passi carrabili. Tanto, chi li controlla? «I vigili li chiamo praticamente tutti i giorni – racconta Silvio, che ha un chiosco di fiori a piazzale Clodio - mi rispondono sempre che hanno carenza di organico ma che manderanno comunque qualcuno a controllare. Il fatto è che se anche controllano e multano, il giorno dopo te le ritrovi lì come se niente fosse successo». In maggioranza a Boccea, Trionfale, Primavalle, Tiburtina, Monteverde Cassia, Mazzini. Quando si piazzano a un angolo della strada non si spostano da lì fino a sera, a volte vengono riforniti direttamente sul posto da altre apette per non rischiare che qualcun altro lo occupi. Se hanno delle rimanenze te li ritrovi con facilità, a tarda sera, sul Lungotevere a sfoggiare cartelloni con su scritto «tutto a 5 euro», che si tratti di orchidee, di stelle di Natale o di tulipani. Talmente strafottenti da esporre scritte sui furgocini del tipo «La tua invidia, è la mia forza». Chi acquista probabilmente non pensa che così la catena dell'illegalità si alimenta. Dal primo strato che si annida fuori e dentro al mercato al secondo dei venditori ambulanti. Fino al terzo, quelli volgarmente chiamati «indianini», gli ambulanti del Bangladesh che provano a piazzare le rose nei ristoranti. Tutto fa parte dello stesso business e che ci possa essere dietro al mercato dei fiori anche qualcosa di più redditizio è un dubbio sul quale sta indagando la procura capitolina. Per provare a far luce su questa matassa oscura di interessi molto probabilmente legati alla criminalità organizzata.