Addio barbe finte. Ecco gli 007 fai da te
Telecamere invisibili, «cimici» ipertecnologiche e registratori così piccoli e sofisticati da non essere intercettati neanche dalle bonifiche più accurate: il variegato mondo dello spionaggio ormai è a portata di (quasi) tutte le tasche. Non più solo barbe finte e ipertecnologici sistemi di ascolto e filtraggio globale: quello che fino a qualche anno fa era un campo saldamente nelle mani di servizi e forze di polizia è diventato, nel tempo, un giochino dai risvolti inaspettati (e vagamente inquietanti) che accomuna il manager della grande azienda che tenta di carpire i segreti degli avversari, alla casalinga che vuole controllare il comportamento dei figli adolescenti. Una deriva che ha preso piede dagli anni ’80 e che, nonostante la crisi economica, non conosce battute d’arresto. Un «grande fratello» casereccio che, come nel caso di Francesco Polimeni (un passato in polizia prima della svolta «spionistica» professionale) diventa un business da mezzo milione di euro l’anno. E così, nell’era della condivisione globale, sempre più persone tentano di nascondere i propri segreti (leciti e meno leciti) o di sottrarli ad altri, in un circolo vizioso giocato sul filo sottile della diffidenza. «La sorveglianza video e audio - racconta Polimeni, in uno studio colmo di "giocattoli" tecnologici da far impallidire i primi 007 - è tra le attività che trovano maggiore mercato, ma siamo in grado di gestire compiti anche più complessi per una clientela non solo italiana. Noi siamo un’azienda seria, mica come altri che comprano su internet mezzucci cinesi che non servono a nulla se non a spennare i malcapitati che li comprano». Un affare prevalentemente autoctono ma che finisce con il coinvolgere anche personaggi provenienti dall’estero, Emirati Arabi in testa. «Perché il nostro è un lavoro serio; i nostri macchinari sono costosi ma garantiscono il risultato che promettiamo. Prenda il caso di chi non vuole farsi intercettare il telefono: è inutile cambiare continuamente scheda telefonica. Se uno è sotto controllo è sufficiente una valigetta che crea una cella fittizia a cui il telefono si aggancia per mandare all’aria il desiderio di non far ascoltare le proprie telefonate allo spione di turno. E poi - dice ancora Polimeni dopo avere fissato al telefono un appuntamento con un tale che vuole farsi bonificare l’auto alla ricerca di eventuali microspie - si finisce come con Moggi, che era certo bastasse una scheda estera per non essere intercettati». È un’autentica miniera di giocattoli spionistici questo negozietto a due passi dal centro (vetri oscurati e apertura solo su appuntamento, of course); dalla scarpa che nasconde un registratore, ai tessuti in grado di schermare completamente una stanza, fino ai famigerati spyphone che consentono al marito geloso di tenere sotto controllo le telefonate della moglie adultera e alle microspie che consentono di soffiare al rivale il nuovo progetto: «ma non garantiamo mai la sicurezza del 100%, sennò famo come quel tale che disse: dottò stia tranquillo, e poi er giorno dopo so so bevuto».