la scomparsa di proietti

Ciao Giggi, ciao core

Gianluca Dodero

“Quante ne avemo viste e chissà quante ancora ne vedremo, ma pe’ fortuna noi se ne fregamo, ma pe’ fortuna noi se ne fregamo”, cantavi nella prima scena del Meo Patacca. E’ il manifesto del cinismo romano. Ne abbiamo viste così tante, che non ci tocca più nulla.  

Eh no, Giggi. Ogni tanto persino noi romani abbiamo urgente bisogno di toglierle quelle maschere. E togliendole vedresti solo disperazione e dolore dinanzi al vuoto. Per noi romani la tua morte fisica segna la fine di ogni rappresentazione di appartenenza, di ogni riferimento, la recisione di un cordone ombelicale.

  

Il 2 novembre 2020, esattamente nell’ottantesimo giorno della tua nascita e nel giorno dei defunti, vieni a mancare. O meglio, finisce la tua messinscena qui in mezzo a noi.  Tu, glorioso mattatore erede dell’anima e maschera di Roma Ettore Petrolini, sei autore della migliore delle uscite di scena. Scendi dal palco sì, con noi e le nostre esistenze permeate da 80 anni di ricordi in platea.  

Scendi per salire nel Pantheon dei numi tutelari di Roma. Assieme a imperatore e papi, Pasquino, Belli, Trilussa, Petrolini e più recentemente Aldo Fabrizi, Anna Magnani, Gabriella Ferri e Alberto Sordi.  

Quel Pantheon etereo ed eterno, dove “pare che nun esisteno dolori”. Sei e sarai il venticello che "smove le fronne e fa’ sboccià li fiori". E noi ti custodiremo e tramanderemo ai nostri figli. 

Eri anche un sublime attore dallo spessore internazionale. Come Shakespeare - che hai portato a Roma col Globe- anche tu caro Giggi sei morto il giorno del tuo compleanno. E allora è giusto dedicarti questo passo del Macbeth, atto V scena V, che ben si adatta alla tua magnificenza. 

“Doveva pur morire, presto o tardi; il momento doveva pur venire di udir questa parola… 

Domani, poi domani e poi domani, avanza a poco a poco, giorno dopo giorno, verso l’ultima sillaba del copione, e tutti i nostri ieri avranno illuminato a degli sciocchi la polverosa via della morte. Spegniti, spegniti, breve candela! La vita non è che un’ombra che cammina, un povero attore che si pavoneggia e si agita su un palcoscenico per il tempo a lui assegnato, e poi nulla più s’ode: è un racconto narrato da un idiota, pieno di rumori e strepiti che non significano nulla”. 

Nun je dà retta, Roma, che Giggi t’ha cojonato. Il rosso del sipario è già divenuto tuo sangue. Linfa vitale. Con noi sempre e ovunque. Ciao Giggi, ciao core! A “per sempre”!