La deriva islamica

Hannoun, l'inchiesta del Tempo sulla sua rete in Italia: tra appoggi politici e allarmi inascoltati

Dario Martini

Un’inchiesta che Il Tempo porta avanti da agosto, in un silenzio che all’inizio era generale. Mohammad Hannoun e la sua rete islamica in Italia non veniva considerata degna di attenzione. Nonostante fosse organico a larga parte della sinistra (le sue frequentazioni con esponenti di Pd e M5S erano ormai una consuetudine) e nonostante il Dipartimento di Stato americano lo avesse indicato come finanziatore di Hamas in Europa e nello specifico in Italia. Poi, col passare dei giorni, e delle settimane, gli scoop e le copertine del nostro giornale hanno iniziato a fare breccia nel racconto mediatico quotidiano. Anche altre testate, ovviamente mai nel campo progressista, hanno cominciato ad occuparsene. Quando il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, lo scorso 23 ottobre, ha riferito nell’Aula della Camera dei deputati, il problema non poteva più essere ignorato.

Come detto, Il Tempo non ha mai fatto un passo indietro, ma sempre uno in avanti, nonostante le minacce di querela, le querele vere e proprie e gli attacchi ricevuti da vari esponenti di centrosinistra che ci accusavano di creare allarmi ingiustificati.
Gli stessi politici che ieri sono rimasti in silenzio di fronte all’operazione antiterrorismo che ha portato all’arresto di nove islamici tra cui lo stesso Hannoun. Eppure era tutto lì, bastava leggere ciò che il nostro quotidiano non ha mai smesso di raccontare. Era l’11 agosto quando la prima pagina de Il Tempo titolava "Il 7 ottobre è una falsità, il video choc dell’uomo di Hamas vicino alla sinistra italiana che smentisce l’eccidio. Ecco chi è l’amico di Pd, M5S e Avs". Dai leader di quei partiti, da Elly Schlein, Giuseppe Conte, Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli, come scontato non arrivò alcuna presa di distanza. Alcuni giorni dopo, Il 24 agosto, raccontavamo come Hannoun non fosse un semplice «simpatizzante di Hamas», come lui stesso si era definito. Era qualcosa di più.

La foto che lo ritraeva insieme all’ex capo indiscusso del gruppo terroristico, Ismail Haniyeh (finita anche agli atti dell’inchiesta dell’Antiterrorismo), era inequivocabile. Anche di fronte a queste immagini, i suoi interlocutori in Italia, da Laura Boldrini a Gaetano Pedullà fino a Stefania Ascari, non ritennero di dover aprire bocca. La stessa Ascari che con Alessandro Di Battista accompagnò Hannoun in una missione umanitaria in Siria (il titolo de Il Tempo era "Bancomat Hamas"). Attenzione, Ascari e Di Battista non sono in alcun modo coinvolti nell’inchiesta giudiziaria e non hanno commesso alcunché di illegale. Fino a prova contraria erano totalmente ignari di chi fosse il soggetto che frequentavano.

La cosa sorprendente fu il loro totale disinteresse di fronte al campanello d’allarme fatto squillare dal nostro quotidiano. Per non parlare degli storici legami di Hannoun con Flotilla, raccontati con dovizia di particolari in numerosi articoli: «Altro che aiuti a Gaza, Flotilla, Hannoun e armi chimiche. Ecco il dossier choc della Cia" (il titolo dell’11 settembre scorso". Nel mentre il capo dell’Associazione palestinesi d’Italia ci accusava in piazza di essere «fascisti» e «collaborazionisti» di Israele.
Il cerchio ha iniziato a chiudersi verso fine ottobre, dopo le dichiarazioni choc a Milano che gli valsero il foglio di via dalla città ("Cronaca di un’espulsione annunciata", l’apertura de Il Tempo). Da oggi, forse, qualcuno chiederà scusa.