La vertenza
Ex Ilva: proteste e tensioni a Genova. Urso incontra Regioni
Cinquemila in corteo, una pioggia di lacrimogeni nel momento più teso sotto la prefettura, la stazione occupata, la solidarietà delle altre industrie e dei cittadini che applaudono dalle finestre di corso Aurelio Saffi la protesta per il lavoro. La cronaca del quarto giorno di sciopero a oltranza degli operai ex Ilva di Genova è quella di una giornata tesa, grigia, in vigile attesa di risposte da Roma, che non arrivano e se lo fanno non chiariscono il quadro.
"Vogliamo solo lavorare", il grido delle tute blu dell'ex Ilva, scese in piazza dopo 4 giorni e 4 notti passate in sciopero e presidio tra il picchetto di piazza Savio i cortei e i blocchi in città, accanto allo stabilimento di Cornigliano dell'ex Ilva, prima Italsider, oggi Acciaierie d'Italia.
Chiedono soluzioni per salvare l'occupazione in uno stabilimento che ha già traguardato la conversione, con quell'accordo di programma che nel 2005 salvò aree e lavoro e che oggi rischia di essere superato da un piano che fa tremare e parla di chiusura. "La chiusura dell'Ilva non la vogliamo. Siamo in cassa da 14 anni, non possiamo permetterci la chiusura dell'Ilva senza una ragione di mercato. Non possiamo permettere di farci raccontare delle balle", dice al megafono l'rsu della Fiom di Genova Cornigliano Armando Palombo, in piedi mentre parla ai lavoratori raccolti sulle scale e sul binario 2 e 3 di Brignole. L'imputato principale, il ministero delle Imprese e del Made in Italy, guidato da Adolfo Urso che solo a settembre a Genova aveva chiesto il parere al territorio per l'arrivo di un forno elettrico per rilanciare la produzione di acciaio zincato e banda stagnata, le produzioni a freddo delle quali si occupa il sito genovese dell'ex Ilva. Ipotesi 'superata' dall'annuncio dello stop dell'invio da Taranto dei coils, materiale per alimentare le lavorazioni a Cornigliano, che da quanto spiegato rimarrebbe 'in pancia' a Taranto per essere messo da lì immediatamente sul mercato.
"Il ministro Urso non ci sta mettendo la faccia. Gli facciamo domande e risponde cose non chiare. Non possiamo permetterci di veder chiudere Cornigliano". 1100 gli operai a rischio, stretto il margine di trattativa, ma gli enti locali domani saranno a Roma per il vertice dedicato a Genova al ministero. La richiesta: 45 mila tonnellate di 'rotoli' da mandare a Genova da Taranto, per garantire la produzione fino almeno a febbraio, arrivando attivi al momento in cui dovrebbe materializzarsi il nome del player rimasto nell'ombra. Ma da Roma il 'no' è diventato 'un due di picche', dicono i lavoratori: "non vogliamo farci raccontare musse (ndr: in genovese, bugie). Dopo un lungo corteo, in tarda mattinata le tensioni di giorni di incertezza si materializzano davanti alla prefettura, blindata fin dal mattino. Caschetti gialli contro gli alari, poi un lancio di fumogeni e dalle forze dell'ordine partono i lacrimogeni in direzione degli operai. Episodio su cui il M5s ha presentato un'interrogazione alla presidente del Consiglio e ai ministri Calderone, Urso e Piantedosi sul rispetto, o meno, dei protocolli operativi previsti. Da lì il corteo si dirige verso la stazione ferroviaria di Brignole e poi, dopo un'occupazione di un'ora e mezza, ripiega verso Cornigliano. Ma senza sospendere la protesta: "valuteremo il da farsi nelle prossime ore - dice Palombo a fine giornata - ma restiamo in presidio. Le domande sono semplici e chiare, le risposte sono confuse e incomprensibili. Il ministro ripete sempre la solita filastrocca ed è veramente assordante il silenzio di questo governo, a fronte del fatto che non c'è una crisi del mercato".
Gli enti locali intanto proseguiranno domani nel tentare di trovare una mediazione, come sintetizzato anche dalla sindaca di Genova Salis "Chiederemo risposte e domani chiederò che la vertenza passi ad un tavolo con la regia della presidenza del Consiglio". E sul coinvolgimento del governo e della presidenza del consiglio, il segretario generale della Cgil Maurizio Landini ha ribadito: "La presidente deve convocare subito i sindacati a Palazzo Chigi, fermare il piano di chiusura degli impianti ex Ilva e mettere le risorse necessarie per dare continuità agli impianti produttivi. Il nostro Paese non può permettersi di perdere un altro pezzo d'industria in un settore, peraltro strategico, come quello siderurgico".