i bambini nel bosco
Bambini nel bosco, cos'è l'unschooling: cosa dice la legge e quante famiglie lo praticano in Italia
I figli della coppia che vive trai boschi di Palmoli, a Chieti, sono ormai in una casa famiglia per decisione del tribunale de L'Aquila. Alla base della decisione che divide l'opinione pubblica le condizioni generali di vita considerate non adatte a dei bambini, e il fatto che i minori non frequentino la scuola e i coetanei. La vicenda a prescindere da come la si pensi ha riaperto il dibattito sull’istruzione parentale che, ricordiamo, in Italia è legale, prevista dalla Costituzione e regolata con precisione. Siamo nell'ambito dell’homeschooling, la cui espressione più intransigente è denominata unschooling ed è quella a cui sembrano ispirarsi i coniugi di Palmoli.
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Secondo le ultime stime, non ancora aggiornate agli anni più recenti, queste pratiche sono in netto aumento: dai 5mila studenti censiti nel 2018-19 diamo passati, tre anni dopo, a oltre 15mila, riporta Libero. Un fenomeno iniziato con il lockdown e legato in qualche misure alle famiglie neo-rurali, in cui vita nella natura, autosufficienza economica e ideologia si sovrappongono.
Cosa prevede la legge per chi educa i propri fili a casa? Ogni anno le famiglie devono comunicare al dirigente scolastico dell’istituto di zona, che il bambino frequenterebbe, l’intenzione di fare homeschooling allegando un "progetto educativo" con materie, obiettivi, strumenti. È sufficiente dimostrare di avere le 'competenze tecniche o economiche' per garantire l’istruzione a casa, mentre alla scuola spetta di verificare che l’obbligo scolastico venga rispettato.
Tale verifica avviene con un esame di idoneità annuale che avviene a giugno, se le competenze sono sufficienti il percorso di educazione parentale può continuare. In questo caso i vari esami vanno svolti da privatisti.
Insomma, siamo in un ambito chiaro: la famiglia si impegna a fornire ai figli educazione valutabile con gli strumenti della scuola tradizionale.
Diverso è invece l’approccio del quale sono accusati i genitori di Chieti ossia l'unschooling. Un approccio educativo nato negli anni '70 in cui i bambini e i ragazzi non seguono lezioni o programmi scolastici prestabiliti, ma imparano partendo dai propri interessi, curiosità ed esperienze di vita quotidiana. Un'autonomia didattica che prescinde da metodi tradizionali e linee guida ministeriali, che è anche un atto di accusa contro la società competitiva e consumistica. L’unschooling, insomma, rientra legalmente nella istruzione parentale, quindi è una scelta legittima, ma resta necessario rispettare gli obblighi di legge come la dichiarazione annuale al dirigente scolastico e la verifica del livello di apprendimento richiesto.