L'intervista
Ponte, l'ad della società Stretto di Messina: "Rispettate tutte le norme. Il cantiere al via a febbraio"
Dopo il mancato visto della Corte dei Conti alla delibera del Cipess per la realizzazione del Ponte sullo Stretto, il Tempo contatta Pietro Ciucci, Ad della società Stretto di Messina.
Lei è reduce dalla riunione convocata d’urgenza dal governo sul dossier. C’è sfiducia?
«Tutt’altro. C’è molta fiducia e volontà di andare avanti, come ha sottolineato anche il ministro Salvini. Attendiamo di conoscere le motivazioni della Corte dei Conti, che da regolamento arriveranno entro trenta giorni al massimo, ma auspichiamo possano arrivare anche prima. Dopodiché spetterà al Consiglio dei Ministri chiedere un esame ulteriore alle sezioni riunite della Corte, sulla base della normale procedura di questo tipo di controllo. Non è una procedura straordinaria. Noi eravamo convinti di aver già dato le risposte più esaustive alle richiesta di integrazione che l’istruttore aveva avanzato.
Abbiamo fatto tutto con la massima attenzione».
In attesa delle motivazioni, ora trapelano indiscrezioni. Isoliamo alcuni aspetti. Il primo senz’altro la compatibilità del progetto con le normative ambientali europee. Ritiene verosimile questo vulnus?
«Noi abbiamo lavorato tenendo sempre ben presenti le normative europee, con il massimo scrupolo. E sarò molto curioso di di leggere le argomentazioni della Corte, qualora questo punto sia stato effettivamente contestato».
Altra questione che pare emersa, il mancato rispetto della norma che imporrebbe una nuova gara se si supera la soglia del 50% sul valore del contratto iniziale. È solida?
«È un argomento che davvero non riesco a comprendere, e mi spiace che si faccia polemica in proposito. Mi chiedo se davvero ci considerano così sprovveduti da non rispettare una norma del genere. Quella disposizione si applica quando quella soglia del 50% si supera sul piano dei lavori, con una variante. Nel nostro caso è avvenuto sui materiali, che è cosa ben diversa, a causa dei rincari dovuti al contesto geopolitico. Quindi l'aumento dei costi non viola la normativa europea».
C’è un altro aspetto. Le previsioni di traffico sarebbero sbagliate. E gli introiti dei pedaggi non coprirebbero i costi di manutenzione. È così?
«Non è così. Il fabbisogno principale, cioè i 13 miliardi e mezzo dell’investimento, è tutto coperto da fondi pubblici. Risorse “a fondo perduto”, per farla più semplice. Per le previsioni di traffico abbiamo realizzato le stime in maniera molto approfondita, tenendo in considerazione anche il calo demografico dei territori interessati. Anche su questo è stata fatta molta polemica.
C’è chi sostiene che noi avremmo preventivato il transito di 30 milioni di veicoli.
Niente di più falso. Nel piano economico-finanziario, che è stato depositato perciò è un documento accessibile, il livello è di 3 milioni, dunque poco oltre l’attuale volume».
Lo stop della corte dei conti quanto rischia di slittare l’avvio dei lavori?
«L'avvio dei cantieri era previsto a novembre e credo che andremo a febbraio. Un obiettivo che si rafforzerebbe se le motivazioni della Corte arrivassero prima dei 30 giorni».
Una domanda al manager. Questa vicenda quando racconta sulla difficoltà del "fare" in Italia?
«Racconta molto, soprattutto per quanto riguarda i progetti articolati, complessi, come lo è quello riguardante un’infrastruttura di questa portata. I passaggi sono numerosi, e peraltro noi non avevamo neanche problematiche sulla copertura dei finanziamenti, circostanza che normalmente si verifica. Queste procedure portano spesso a dei ritardi sulla realizzazione».
L’iter di avvio dell’opera è stato accompagnato da un racconto polarizzante, in un momento di particolare tensione tra governo e settori della magistratura. Crede sia una decisione politica?
«No. Ho visto un esame critico particolarmente attento su un progetto bersaglio di tanti attacchi da parte dei ‘no ponte’, i quali hanno espresso considerazioni che la Corte dei Conti non poteva non esaminare a sua volta. Vedremo quale di queste considerazioni ha ritenuto non superate dai nostri argomenti. Ma non voglio vedere motivi di carattere politico».