OPEN ARMS

Open Arms, i testimoni di Salvini sbugiardano la Ong: "Il barcone non era in pericolo"

Luigi Frasca

Doveva essere il giorno del fondatore di Open Arms Oscar Camps e delle dichiarazioni spontanee di Matteo Salvini, ma l’udienza di ieri al processo nell’aula bunker di Palermo - dove l’attuale ministro dei Trasporti è imputato con l’accusa di sequestro di persona e rifiuto di atti di ufficio per avere tenuto in mare, nell’agosto di 4 anni fa, 147 migranti per due settimane - è finita con l’essere una sfida fra consulenti: della procura, delle parti civili e della difesa. Per i «pezzi da novanta» slitta tutto al 21 aprile.

Udienza tecnica, dunque, che si è aperta con il comandante Stefano Oliva del sommergibile Venuti della marina militare. Il battello italiano perlustrava quel tratto di mare in Sar libica, ha filmato il salvataggio e in aula il suo capitano ha spiegato perché non sono intervenuti: «Un sommergibile interviene solo se non si può differire il soccorso - ha spiegato - non è un mezzo adatto al salvataggio e la barca con i migranti non era in pericolo».

Di tutt’altro avviso l’ammiraglio in congedo della guardia costiera Vittorio Alessandro, teste delle parti civili. «Quell’imbarcazione doveva essere salvata, una barca di 12 metri con 55 persone a bordo già alla partenza è una barca in stato di pericolo conclamato. C’è un regolamento europeo che descrive quando ricorre il pericolo. Le fasi del pericolo del piano di soccorso Sar, le fasi incertezza, di allertamento e di pericolo conclamato non sono uno correlato all’altro».

Per tutta l’udienza si è dibattuto sull’evento Sar del 1 agosto 2019, solo uno dei soccorsi fatti in quei giorni dalla nave dell’ong spagnola prima di dirigersi verso Lampedusa e subire lo stop allo sbarco dell’allora ministro dell’Interno. Un salvataggio chiave per l’avvocato Giulia Bongiorno che a fine udienza ha definito «testimonianze decisive» quelle dei suoi consulenti, gli ammiragli della riserva della marina militare Maurizio Palmesi e Massimo Finelli. «I motori funzionavano, non c’erano falle nello scafo, il bordo libero era di 65 cm ed è il barcone che si accosta alla nave Open Arms nelle fasi di soccorso. Ma soprattutto a discapito delle coordinate sbagliate fornite da Alarm Phone, la nave ong arrivò precisa sul punto d’incontro con la barca piena di migranti».

I due ammiragli della marina militare hanno illustrato con un grafico le rotte, con posizioni gps e orari di tutti gli attori protagonisti del salvataggio del 1 agosto 2019, quello ripreso dal sommergibile Venuti. Secondo la tesi dei consulenti della difesa è plausibile che Open Arms conoscesse in anticipo la posizione del barcone. Musica per le orecchie di Matteo Salvini che da sempre sostiene la teoria di un patto nascosto fra Ong e trafficanti. «Mi pare che stia emergendo tutto con estrema chiarezza, i testimoni di oggi sono stati decisivi» ha commentato in aula al termine dell’udienza.