anarchici in rivolta

Anarchici in rivolta, minacce di morte a Antonio Tajani

Francesca Musacchio

Una lettera con minacce di morte al ministro degli Esteri, Antonio Tajani. La missiva è stata recapitata alla Farnesina dove, già nei giorni scorsi, è stato innalzato il livello di sicurezza a seguito delle azioni compiute dagli anarchici in diverse sedi diplomatiche italiane all’estero e non solo. A seguito della lettera minatoria è stato disposto un rafforzamento della scorta di Tajani. Ieri, inoltre, è arrivata la rivendicazione, da parte delle «Bande anarchiche - Nucleo guerriglia» dell’attacco incendiario contro alcune automobili Enjoy avvenuto a Milano il 30 gennaio scorso: «Questa è la prima azione rivendicata, ma non la prima compiuta - scrivono - Un nostro compagno morirà per mano dello Stato, tocca a noi il salto di qualità. Fuoco alle galere».

Intanto, rivelazione di segreto d’ufficio è l’ipotesi di reato, al momento a carico di ignoti, su cui indaga la Procura di Roma in merito al caso che ha visto protagonisti il sottosegretario alla giustizia, Andrea Delmastro, e il vicepresidente del Copasir, Giovanni Donzelli sulla vicenda dell’anarchico Alfredo Cospito. Nei giorni scorsi a piazzale Clodio sono stati ascoltati, come persone informate sui fatti, il capo del Dap Giovanni Russo, l'ex capo del Gom Mauro D’Amico e l'attuale direttore del Gruppo Operativo Mobile, Augusto Zaccariello. Gli inquirenti sono al lavoro ricostruire i fatti, ma anche il meccanismo che regola le notizie acquisite in carcere relative ai detenuti in regime di 41 bis, oltre alle norme che regolano la divulgazione di tali informazioni. Per questo motivo, a quanto si apprende, lo stesso Dap avrebbe messo a disposizione dei magistrati materiale tecnico-conoscitivo che potrebbe essere utile all’indagine. Il fascicolo è stato aperto a seguito dell'esposto presentato dal deputato di Alleanza Verdi e Sinistra, Angelo Bonelli, che ieri è tornato a chiedere le dimissioni dei due esponenti di Fratelli d’Italia.

«Noi riteniamo che il voto di sfiducia, di fatto, nei confronti di Delmastro e Donzelli sia un atto di igiene politica perché le istituzioni vanno salvaguardate». Ma sull’ipotesi dimissioni di Delmastro e Donzelli, è intervenuto il premier Giorgia Meloni che ha chiarito: «Non penso che ci sia bisogno». Poi ha aggiunto: «La Procura ha fatto il suo lavoro, vedremo cosa ci dirà. Il ministero della Giustizia ha più volte detto che quelli non erano documenti coperti da segreto. Non ho ragione di dire che quello che sta sulla stampa non si possa utilizzare in Parlamento».

Ma le opposizione continuano ad accusare il presidente del Consiglio. Secondo il leader del M5S, Giuseppe Conte, Meloni «è rimasta molto indecisa» sul caso Donzelli/Delmastro. «Poi ha optato agendo come leader di partito che difende i suoi fedelissimi - ha aggiunto - È un corto circuito istituzionale che crea un precedente. Potrebbe toglierli dagli incarichi istituzionali e valorizzarli all’interno del partito. Così invece sta usando la potestà di governo per tutelarli e coprirli: questo è gravissimo e indebolirà la stessa Meloni al governo». Matteo Salvini, invece, ha scelto di non seguire il dibattito sulle dichiarazioni di Donzelli: “Non commento né le dichiarazioni di Donzelli né quelle di Serracchiani. Per me non si può andare avanti con mozioni di sfiducia, facendo muro contro muro. Non serve all’Italia, non serve alla giustizia, non serve a Cospito».