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Allarme balneari: "Giovani allergici al lavoro". Italiani snob, assunti gli ucraini per l'estate

Carlo Solimene
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Ci sono lavori che gli italiani non vogliono più fare. Un tempo erano quelli più umili, oggi tocca agli impieghi stagionali. I classici «lavoretti estivi» che una volta servivano ai più giovani per mettere da parte qualche soldo e oggi, invece, vengono snobbati, «perché non è bello lavorare quando gli altri si divertono». E allora, per sopperire alle difficoltà di reclutamento e, contestualmente, compiere un gesto di solidarietà, albergatori e gestori di stabilimenti stanno offrendo contratti alle donne ucraine arrivate in Italia in seguito all’invasione russa. La «finestra» si è aperta grazie al Dpcm del 28 marzo scorso quando, recependo una direttiva europea, l’Italia ha disciplinato la concessione del permesso di soggiorno per protezione temporanea ai profughi ucraini, permettendo l’accesso al mercato del lavoro per un periodo di sei mesi prorogabile per altri sei. «Ci siamo messi subito in contatto con i sindacati ucraini - spiega Giuliano Zignani, segretario regionale della Uil Emilia Romagna - e abbiamo preparato un accordo che prevede di mettere al lavoro negli stabilimenti, negli alberghi e nei bar 20, 25 donne ucraine che già si trovino in Italia o arrivino appositamente da Kiev». Appena l’accordo sarà ufficiale, presumibilmente nei prossimi giorni, «c’è già mezza riviera romagnola che mi ha chiesto di poter dare un impiego a queste lavoratrici».

 

 

Il motivo è presto detto. «Abbiamo enormi difficoltà a trovare lavori italiani - racconta Simone Battistoni, presidente per l’Emilia Romagna del Sib (Sindacato Italiano Balneari) - perché rispetto ai decenni scorsi è cambiata la mentalità. I genitori non spingono più i figli ad accettare impieghi così "umili", se ne vergognano. E gli stessi giovani non gradiscono lavori così "scomodi". Perché si è impegnati d’estate, di sera. Quando gli altri si divertono. E poi, certo, ci sono i sussidi...». La solita storia dei giovani che non lavorano perché percepiscono il reddito di cittadinanza? «Non proprio» continua Battistoni, «ma è un fatto che queste elemosine di Stato hanno trasformato il lavoro in qualcosa da stupidi. Si è creato uno stigma. Se accetti un impiego stagionale, se sacrifichi le tue vacanze sei uno sciocco, un poveraccio, un poco furbo». Magari c’è anche il problema di essere pagati poco, lo sfruttamento. «Guardi - conclude Battistoni - noi abbiamo aderito all’accordo della Uil per i lavoratori ucraini, c’è di mezzo il sindacato, quindi i contratti sono più che regolari. E pensi che, oltre alle donne ucraine che lavoreranno nelle cucine e negli alberghi, ne assumeremo una che farà da baby sitter per i figli delle sue connazionali». Le cifre delle «paghe» le dà Enrico Schiappapietra, presidente del Sib Liguria, che ha uno stabilimento con annesso bar e ristorante in provincia di Savona: «I nostri salari sono quelli regolati dal contratto nazionale del settore turistico. Parliamo, a seconda delle mansioni, di 1.500/2.000 euro netti al mese, straordinari esclusi, per turni non certo da stakanovisti. Chi si occupa del salvataggio, per dire, fa sei ore e mezza al giorno per 6 giorni la settimana. E nessuno gli chiede di fare un minuto in più. In quel ruolo non può esserci certo gente stanca».

 

 

Anche Schiappapietra ha difficoltà a trovare lavoratori italiani - «ne cerco ancora 3-4 sui 26 totali» - ma ha una spiegazione diversa sul mancato interesse per gli impieghi stagionali: «Nei due anni precedenti il turismo non ha dato lavoro. Chi prima svolgeva queste mansioni, ha guardato ad altri settori. Ed ora semplicemente non vuole tornare a fare un mestiere che è molto faticoso. Ed è un peccato perché quest’anno, con la caduta delle regole anti-Covid, i nostri organici torneranno al 100%». Grazie alle lavoratrici ucraine, of course. «Siamo in attesa che le amministrazioni locale e regionale ci diano il definitivo via libera. Io ho già tre persone arrivate da Kiev che mi hanno dato disponibilità per lavorare da me. E, naturalmente, so di tanti gestori che si stanno muovendo in questo senso». A causa della barriera linguistica, i lavori offerti non saranno quelli di «contatto». Si tratta, sostanzialmente, di dare una mano in cucina o pulire le stanze negli alberghi. Ma questo non scoraggia chi è fuggito dalla guerra. «Io ho già assunto una persona - racconta Riccardo Padovano Lacché, presidente di Sib Abruzzo - sempre attenendomi al Contratto nazionale firmato dalla Federazione Italiana Pubblici Esercizi con i sindacati». E gli italiani? «Magari vengono, lavorano un giorno o due e il terzo lasciano, perché dicono che è troppo faticoso». «Le dico un’altra cosa - conclude Padovano Lacché - io rappresento una cooperativa di 150 lidi tra Pescara, Francavilla e Montesilvano che copre circa 22 chilometri di costa. Abbiamo organizzato un corso per "stuart" di spiaggia, per spiegare come si tratta il cliente, come si porta una sdraio, come si apre un ombrellone. Teoricamente c’erano centinaia di posti di lavoro a disposizione. Si sono presentati in dodici...». E pensare che un tempo, sull’Adriatico, si guardava con invidia ai bagnini «vitelloni».

 

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