il dipinto di montecitorio

Roma, la Gioconda della Camera dei Deputati resta ancora inaccessibile

Valeria Di Corrado

L'Italia è proprio la «terra dei cachi», quella che cantava Elio e le Storie Tese (la citazione è d'obbligo). La terra dei parcheggi abusivi, degli applausi abusivi, delle villette abusive e persino degli scoop abusivi.

Dove tutto diventa lecito, «perché tanto lo fanno pure gli altri». Dove chi ritiene di avere più forza, la esercita con sinistra arroganza e prevaricazione, in spregio alle regole deontologiche o, almeno, a quello che dovrebbe essere il «galateo» professionale.Il7,l'8 e il9 dicembre scorso sulle pagine de «Il Tempo» è stata raccontata - con interviste esclusive e documenti inediti - l'incredibile storia della Gioconda di Montecitorio.

Non ci arroghiamo certo il merito di aver scoperto un dipinto che ha circa 500 anni, gli ultimi 97 trascorsi nella Camera dei deputati. Ciò di cui abbiamo dato conto per primi sulla stampa e sulweb è stato, innanzitutto, il cattivo stato in cui è stata conservata per decenni: appesa su un calorifero nella stanza dell'ex questore della Camera, Federico D'Incà (attuale ministro per i rapporti con il Parlamento in quota M5S) e persino «sfregiata» da una caduta accidentale che ha danneggiato la tela con un taglio. Abbiamo riferito quanto scritto dalla storica dell'arte Maria Forcellino nei resoconti dell'Accademia nazionale dei Lincei.

Il suo studio ha dimostrato che è «certa la presenza di una Gioconda nel Seicento a Roma, a Palazzo dal Pozzo», e quella Gioconda potrebbe essere proprio quella poi acquisita dai Torlonia. «La storia collezionistica dell'opera non è infatti di secondaria importanza per la sua esatta collocazione nel panorama delle diverse versioni esistenti della Gioconda a Roma e altrove, provenienti sicuramente dalla bottega di Leonardo ed eseguite forse con la sua diretta supervisione, come sembra essere il caso per questo dipinto, alla luce del restauro effettuato in occasione della sua prima esposizione», a Villa Farnesina, a Roma, per i 500 anni dalla morte di Leonardo. Abbiamo svelato che per studiare questo quadro si era mosso persino il curatore del Louvre

. La riflettografia sull'opera, infatti, ha dimostrato che «è stata realizzata sulla base di un cartone preparatorio, disegnato probabilmente dal maestro, che veniva bucherellato dagli allievi- aveva spiegato due mesi fa a «Il Tempo» il celebre restauratore Antonio Forcellino-Il carbone veniva fatto passare attraverso questi buchi e tracciava il disegno. Mentre Leonardo andava avanti con il suo dipinto, gli allievi lo seguivano di pari passo con i loro. I documenti storici attestano anche che l'artista stesso, a volte, vi poneva mano. La Gioconda di Montecitorio potrebbe valere almeno 10 milioni di euro».

Basti pensare che «The Hekking Mona Lisa», pur essendo una copia del XVII secolo, è stata acquistata all'asta di Christie' s lo scorso giugno per 2,9 milioni di euro. Cinzia Pasquali, considerata tra le massime esperte di Leonardo, nel 2019 ne ha curato il restauro, grazie all'interessamento del senatore della Lega Stefano Candiani.

«Il Tempo» l'aveva intervistata, riferendo in esclusiva il suo prezioso parere: «Il dipintoèmolto interessante. Non possiamo escludere che Leonardo abbia partecipato alla realizzazione, come anche a quella della Gioconda del Prado - aveva spiegato la Pasquali- Gli allievi copiavano le sue opere: quando il maestro cambiava qualcosa, l'allievo la correggeva di conseguenza. Non è semplice stabilire se nella Gioconda Torlonia sia intervenuto con il suo pennello. Di certo il dipinto è cinquecentesco e dovrebbe essere esposto a Palazzo Barberini, visto che appartiene a quella collezione, invece è in deposito a Montecitorio».

In effetti quella che si ritiene essere la terza Monna Lisa uscita dalla bottega di Leonardo è stata esposta fino a un mese fa al Prado di Madrid in una mostra monografica. «Le ipotesi, o meglio, le suggestioni della Pasquali e di Forcellino andrebbero confermate da altri restauratori e storici dell'arte. Io non sono un'esperta di Leonardo, ma penso che sia un'opera derivativa - aveva detto scettica a «Il Tempo» la direttrice di Palazzo Barberini, Flaminia Gennari Santori- La qualità è scadente, non c'è restauro che tenga». Vittorio Sgarbi l'ha definito addirittura «un modesto dipinto di arredamento». «Se è così, allora buttiamolo nel Tevere - è la provocazione lanciata da Antonio Forcellino - Io alzo le mani. Solo in Italia può accadere che chi non abbia studiato un'opera possa permettersi di criticarla».

Per la cronaca, la Gioconda di Montecitorio, al contrario di quanto riferito da «La Repubblica» in articoli pubblicati solo in questi giorni, non sarà visibile al pubblico a marzo. I visitatori della Camera dovranno attendere ancora del tempo, perché la «sala gialla» sarà riallestita dopo la conclusione del restauro delle Nozze di Cana.