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Il governo taglia il sociale: l'8 per mille allo Stato non va per scopi umanitari

Valeria Di Corrado
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«L'8 per mille allo Stato: il tuo granello di sabbia, per un'Italia migliore». Con questo slogan la Presidenza del Consiglio dei ministri invita i contribuenti, in sede di dichiarazione dei redditi, a destinare una quota della propria Irpef allo Stato. Peccato però che molti di questi granelli vengano usati per scopi differenti da quelli che prevede la normativa. A seguito dell'Accordo di revisione del Concordato tra Stato e Santa Sede, la legge n. 222 del 20 maggio 1985 ha stabilito infatti che a decorrere dal 1990 una quota pari all'8 per mille del gettito dell'imposta sul reddito venga destinata, in parte, a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale e, in parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica. Con lo schema di Dpcm trasmesso al Senato il 23 dicembre 2021, per essere sottoposto all'esame del Parlamento, è stato stabilito che dei 203,8 milioni di euro «tecnicamente spettanti sulla base delle scelte dei contribuenti» a interventi per il contrasto alla fame nel mondo, alle calamità naturali, per l'assistenza ai rifugiati e ai minori stranieri non accompagnati, alla conservazione dei beni culturali e all'edilizia scolastica, solo 49,8 milioni di euro siano destinati a questi scopi. «L'esiguità dello stanziamento annuale disponibile si legge nel dossier del Servizio studi del Senato e della Camera del 17 gennaio 2022 incide sul numero delle istanze presentate, che vanno via via diminuendo». Difatti se nel 2014 le domande pervenute per le 5 categorie di interventi sociali e umanitari erano 3.124, nel 2020 le istanze presentate erano 272 e di queste ne sono state finanziate 120, per un totale di 30,4 milioni di euro; a fronte dei 144,4 milioni di euro finanziati nel 2010.

 

 

La sezione centrale di controllo della Corte dei conti sulla gestione delle amministrazioni dello Stato, nella deliberazione del 29 ottobre 2018, «ha rilevato che, in violazione dei principi di buon andamento, efficienza ed efficacia della pubblica amministrazione, lo Stato mostra disinteresse per la quota di propria competenza, cosa che ha determinato, nel corso del tempo, la diminuzione dei contribuenti a suo favore, dando l'impressione che l'istituto sia finalizzato - più che a perseguire lo scopo dichiarato - a fare da apparente contrappeso al sistema di finanziamento diretto delle confessioni. Risulta, pertanto, del tutto frustrato l'intento di fornire una valida alternativa ai cittadini che, senza finanziare una confessione, aspirino, comunque, a destinare una parte della propria imposta a finalità sociali ed umanitarie».Ad esempio, come Il Tempo ha rivelatolo scorso 30 gennaio, dei quasi 10 milioni di euro ricavati dalla quota dell'8 per mille per l'anno 2020 e destinati alla conservazione dei beni culturali, ne sono stati assegnati solo 2,4 milioni, «con un residuo di circa 7,5 milioni di euro che sono stati riassegnati alla Presidenza del Consiglio». Discorso simile per l'assistenza ai rifugiati e ai minori stranieri non accompagnati: su poco meno di 10 milioni di euro a disposizione di questa categoria per il 2020, ne sono stati assegnati solo 4,3 milioni (a 34 delle 56 istanze pervenute); i restanti 5,6 milioni sono stati ridistribuiti tra le altre categorie. «Sin dai primi annidi applicazione dell'istituto dell'8 per mille - conclude la relazione della Corte dei conti- la quota di competenza statale è stata destinata a finalità diverse da quelle previste dalla legge, talvolta antitetiche alla volontà dei contribuenti, venendo meno l'affidamento, derivante dalla sottoscrizione, sull'utilizzo della stessa». Per di più, i giudici contabili hanno «rilevato che non esistono verifiche di natura amministrativa sull'utilizzo dei fondi erogati».

 

 

Di recente, però, sono state introdotte nuove regole. In base al decreto del Segretario generale della Presidenza del Consiglio del 21 gennaio scorso, «per l'anno 2022 i potenziali beneficiari possono presentare domanda per una sola categoria d'intervento» e «possono essere presentati e ammessi a finanziamento un numero massimo di due progetti per singolo beneficiario»; questo per non favorire sempre le stesse associazioni e onlus. Gli 11,8 milioni di euro destinati alle calamità naturali, ad esempio, sono stati assegnati a 12 comuni (su 42 che avevano presentato domanda) per mitigare il rischio idrogeologico: 9 di questi comuni si trovano in Calabria (5 in provincia di Cosenza e 4 nel crotonese) e altri 3 comuni si trovano in Abruzzo (2 in provincia di Chieti e uno nel teramano). I primi sette interventi finanziati - che vanno da un minimo di un milione a un massimo di 2 milioni di euro- non specificano però se il centro abitato ricade in zona a rischio R4 «molto elevato». Tra le altre criticità dell'8 per mille, l'Agenzia delle entrate, nell'audit 2014-2015, aveva riscontrato «casi di interferenza nel processo decisionale dei contribuenti e un numero significativo di infedeli trasmissioni dei dati da parte dei centri di assistenza fiscale (Caf)». Nel 65% delle irregolarità, le scelte erroneamente trasmesse sono a favore della Chiesa cattolica. Ciò «rappresenta - secondo la Corte dei conti - un grave vulnus all'istituto, in quanto questo trova la sua ragion d'essere proprio nella libera scelta dei cittadini».

 

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