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L’ultimo giallo di Domenico Arcuri. Invitalia non svela il suo stipendio

Filippo Caleri

Ha lasciato l’incarico di commissario straordinario contro il Covid il primo marzo 2021. Ma Domenico Arcuri non è rimasto a spasso. È rientrato a tempo pieno nella sua sede di partenza, in quella Invitalia che si occupa di attrarre investimenti e aiutare i territori italiani a progettare e realizzare opere per lo sviluppo. Passato lo stress della gestione della pandemia, insomma, vita normale per il manager. Che non ha però reso pubblico il suo stipendio ai responsabili della trasparenza sul sito della società pubblica.

 

Una scelta consentita sulla quale si è appuntata la curiosità de Il Tempo. Anche perché scorrendo nelle voci della sezione Trasparenza dove gli amministratori di società pubbliche dovrebbero rendere evidenti i loro compensi, sotto il suo nome compare una dicitura che recita così: «Compenso riassorbito nell'ambito della retribuzione da dirigente. Importo pubblicato in altra sezione». Nessuna cifra dunque ma solo un rinvio ad altro link che però una ricerca scrupolosa non svela. L’indicazione della retribuzione infatti non è presente nelle altre sezioni relative alla trasparenza. O meglio cercando in quella che, a senso, dovrebbe dare l’informazione, e cioè nella parte relativa agli incarichi dirigenziali, non si trova traccia della paga dell’ex commissario. Unico elemento è la sua dichiarazione ai sensi del decreto legislativo n° 39 del 2013 con il quale si dichiarano eventuali incarichi che si hanno oltre a quello per il quale si rilascia l’attestazione.

 

L’ultimo di Arcuri è datato 12 febbraio 2021, circa 3 settimane prima del suo addio al commissariato. E infatti in quel documento l’attuale ad di Invitalia aveva dichiarato di svolgere oltre al ruolo di commissario per il Covid, anche quello di consigliere di amministrazione dell’Istituto enciclopedia italiana e presidente di Treccani Reti. Anche in questo caso i compensi percepiti non erano stati dichiarati. Una discrezione dettata dal fatto che, a differenza di altri enti pubblici, Invitalia non rientra nel tetto massimo dei 240mila annui previsti per i vertici. Questo perché il 20 luglio 2017 Invitalia ha emesso un prestito obbligazionario di 350 milioni di euro quotato sul mercato regolamentato. Un escamotage che permette di attenuare la normativa nazionale in materia sia di trasparenza e sia di società a partecipazione pubblica. Tutto regolare dunque. O quasi perché visto il ruolo e l’importanza di Arcuri anche nell’attuale ruolo, soprattutto dopo le code polemiche della sua gestione della pandemia, un pizzico di trasparenza in più non guasterebbe. La curiosità però non si ferma davanti a nulla. Così per essere resi edotti sugli emolumenti basterà attendere il bilancio del 2021, che però sarà pubblicato solo nella seconda metà del 2022. Nell’attesa si può consultare quello del 2020 e relativo al 2019.

 

Alla pagina 71 del documento, in una nota allegata alla tabella dei compensi, si legge che «gli emolumenti lordi complessivamente riconosciuti al dott. Arcuri sono pari a 610mila euro (...) oltre alle parti variabili (quest’ultime eventualmente da corrispondere in misura correlata al conseguimento degli obiettivi predefiniti, determinati dal cda su proposta del Comitato per la remunerazione).