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L'Italia non cambia colore. Stabile la curva del contagio, ma dilaga la variante Delta

Luigi Frasca
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L’Italia non cambierà colore dopo il weekend e la curva dei contagi di Covid-19 è stabile. Negli ultimi 45 giorni resta predominante la variante Delta che è stata individuata nell’88,1% dei casi riportati, avverte l’Istituto superiore di sanità, che nel monitoraggio settimanale scatta una fotografia tutto sommato positivo. L’Rt scende lievemente nel giro di sette giorni e si attesta a 0,97, mentre è in leggero aumento l’incidenza settimanale a livello nazionale: si passa dai 71 ai 74 per 100mila abitanti. L’ultimo bollettino del ministero della Salute segnala 6.735 nuovi casi di Covid-19 e 58 morti nelle ultime 24 ore. Con 296.394 tamponi analizzati, il tasso di positività resta sostanzialmente stabile al 2,27%. Una buona notizia arriva dal dato dei ricoveri in area non critica: sono in calo di 41 unità rispetto a giovedì, con però ancora 4.164 posti occupati nei reparti. C’è un leggero aumento dei pazienti in terapia intensiva (+1) con 556 letti pieni, ma si segnala anche un nuovo balzo dei guariti, ormai prossimi ai 4,3 milioni da inizio pandemia, con 6.544 in più in un giorno. Certo è che il superamento della pandemia passa anche dall’andamento della campagna vaccinale. Sono 78.628.398 le somministrazioni in Italia, secondo l’ultimo aggiornamento del report nazionale. Toccano quota 38.372.227 gli italiani che hanno completato il ciclo vaccinale, il 71,05% degli over 12.

 

 

E il dibattito sull’obbligo resta caldo. «Non ci precludiamo anche la possibilità, nel caso in cui ce ne dovesse essere bisogno, di poter anche utilizzare l’obbligo della vaccinazione, che la Costituzione consente con una iniziativa di natura legislativa. È uno strumento a disposizione del Parlamento e del governo nel caso in cui questo dovesse essere necessario», segnala il ministro della Salute, Roberto Speranza. Sono oltre 3,6 milioni (3.694.858) le persone con più di 50 anni che ancora non hanno ricevuto neanche la prima dose, stando al report settimanale ai dati forniti dalla struttura del commissario Francesco Paolo Figliuolo. Ancora, il 92,10% del personale scolastico ha avuto la prima somministrazione o la dose unica, mentre risulta completamente immunizzato l’86,11%. A proposito dei ragazzi tra i 12 e i 19 anni, oltre il 35% (2.637.166) risultato totalmente ’copertò e il 57% (1.645.536) si è sottoposto almeno alla prima iniezione. Se nell’ottica di un’eventuale introduzione dell’obbligo, per il costituzionalista ed ex presidente della Consulta, Valerio Onida, contattato da LaPresse, «sarebbe meglio basarsi su una previsione di legge autonoma, una legge (o anche un decreto legge) ad hoc», il microbiologo Andrea Crisanti si dice favorevole a questa opzione. Ma a preoccuparlo sono soprattutto i dati in arrivo da Israele, «che indicano come la vaccinazione abbia un’efficacia al momento di circa il 70%». La causa è probabilmente «un mix tra una diminuzione della protezione nel tempo e la presenza di varianti».

 

 

Intanto termina la battaglia legale tra Bruxelles e AstraZeneca. L’Unione europea e l’industria farmaceutica hanno trovato un accordo transattivo per la consegna delle dosi mancanti, ponendo fine a un contenzioso che aveva visto le due parti al centro di un braccio di ferro davanti alla Corte di Bruxelles. L’accordo raggiunto tra l’Ue e AstraZeneca garantirà la consegna delle dosi di vaccino agli Stati membri secondo i termini dell’accordo di acquisto anticipato concluso il 27 agosto 2020 e che AstraZeneca non aveva rispettato. Ora c’è il fermo impegno dalla parte della casa farmaceutica a consegnare, oltre alle circa 100 milioni di dosi somministrate fino alla fine del secondo trimestre, 135 milioni di dosi entro la fine del 2021 (60 milioni di dosi entro la fine del terzo trimestre e 75 milioni di dosi entro la fine del fine del quarto trimestre e le dosi rimanenti (65 milioni) entro la fine di marzo 2022. Ciò porterà il numero totale di dosi somministrate a 300 milioni di dosi come previsto nel contratto di un anno fa. Dall’azienda anglo-svedese arriveranno dunque 300 milioni di dosi di cui l’Ue ora non ha più tanto bisogno, visto il grande quantitativo di dosi ordinate e acquistate da Bruxelles da altre case farmaceutiche. Non a caso solo in parte andranno a sopperire il divario di vaccinazioni nei paesi Ue, 200 milioni di dosi, invece, verranno destinate alle donazioni per i paesi a basso e medio reddito tramite il programma delle Nazioni Unite Covax. «Anche se questa settimana abbiamo raggiunto l’importante traguardo della vaccinazione completa del 70% degli adulti dell’Ue popolazione, ci sono differenze significative nei tassi di vaccinazione tra i nostri Stati membri e la continua disponibilità di vaccini, incluso quello di AstraZeneca, rimane cruciale», ha detto la commissaria Ue alla salute, Stella Kyriakides, che ha aggiunto: «La solidarietà vaccinale è e rimane il nostro marchio di fabbrica».

A maggio vi era stata la decisione da parte della Commissione Ue di non acquistare più dalla casa farmaceutica non rinnovando il contratto. Non perché la qualità del vaccino non fosse buona, aveva sottolineato il commissario Thierry Breton. Poi a giugno la sentenza della Corte di Bruxelles che aveva intimato ad Astrazeneca di consegnare 80,2 milioni di dosi complessive entro settembre. Una vittoria, secondo l’azienda, a cui la Commissione europea aveva chiesto 300 milioni di dosi, ma anche secondo l’esecutivo Ue che si era visto riconoscere le sue ragioni sulla violazione dell’accordo. «AstraZeneca ha scelto intenzionalmente di non utilizzare i mezzi a sua disposizione per produrre e consegnare il vaccini», avevano sostenuto i giudici, dando la priorità al Regno Unito rispetto all’Ue e quindi violando la sua garanzia di non avere alcun obbligo in conflitto con i termini dell’accordo con l’Ue. Ora la vicenda legale si è conclusa, probabilmente anche di fronte al venir meno dell’urgenza di rifornimenti e in presenza di un’ampia disponibilità di dosi di vaccino per l’Europa. L’Unione europea, in ogni caso, nel nuovo accordo transattivo ha previsto delle penali in caso di nuovi ritardi: taglio sul costo del 10% se il ritardo è di un un mese, del 25% in caso di due mesi, 40% in caso di tre mesi o più.

 

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