rischi non calcolati

Tanti, troppi colpevoli dietro la vicenda di Saman Abbas

Francesco Storace

Loro, i genitori vigliacchi, stanno già in Pakistan. Si sono liberati della loro bambina, quella ragazza di 18 anni, Saman Abbas, il cui destino triste ci prende il cuore, ce lo strappa, lo fa a pezzi. I carabinieri la stanno cercando sottoterra, ogni tanto una voce «trovato il cadavere» e poi la smentita. Ma c'è qualche altra cosa grave in questa storia di Saman. Ci sono buchi neri che esigono chiarezza. A Novellara, il paese in provincia di Reggio Emilia dove quella specie di famiglia viveva - indagati padre, madre e zio, tanto per capirci, in un'inchiesta già passata dal sequestro di persona all'omicidio anche se ancora senza cadavere - tutti sanno che tipo di tragedia si è consumata. Pure nell'amministrazione locale qualche voce ha tentato di diradare le nubi, anche se per ora senza successo. Quella ragazza «doveva» sposare suo cugino in Pakistan, lo pretendevano i suoi scellerati genitori nel nome della loro «civiltà».

 

 

Saman, dopo la licenza media, non era più andata a scuola: usciva da casa di rado, come del resto la madre. Si sa che il 22 dicembre dello scorso anno l'intera famiglia doveva prendere un volo per il Pakistan dove Saman avrebbe dovuto sposare un cugino con rito islamico. Ma in novembre la giovane - che era ancora minorenne - aveva chiesto aiuto ai servizi sociali di Novellara per non essere costretta al matrimonio. L'avevano subito accompagnata alla stazione dei carabinieri per la denuncia, alla quale seguì il deferimento dei genitori alla Procura di Reggio per il reato di costrizione o induzione al matrimonio. Nel frattempo i servizi sociali trasferivano la giovane sotto protezione in una comunità di Bologna, e lì è rimasta sino a quando, nel mese di aprile non ha compiuto 18 anni. Diventata maggiorenne, Saman ha deciso di tornare in famiglia. L'11 aprile. E qui ci vorrà più di un chiarimento. Perché a casa sua i carabinieri vanno solo il 5 maggio. Nel frattempo i genitori di Saman erano volatilizzati, in Pakistan, ma senza la figlia. Per lei nessuna prenotazione aerea.

 

Tutto lascia pensare ad una vendetta di rito islamico verso chi si opponeva alla volontà della famiglia. E non è certo il primo, triste esempio che ci viene da quelle parti. Ma ci sono anche responsabilità di chi doveva sentire il dovere di accudire quella ragazzina, proteggerla, salvarla da genitori di tal fatta. Per aver rifiutato un matrimonio combinato, Saman ora è probabilmente tra le braccia di Nostro Signore. Perché quaggiù in terra non c'era più posto per una infedele... A Novellara ci sono tre consiglieri comunali di centrodestra che hanno chiesto all'amministrazione, come informa Reggio Report riportando un articolo di Cristina Fantinati: «I servizi sociali hanno adeguatamente informato la ragazza dei rischi che poteva correre? L'hanno protetta, tutelata, aiutata, difesa anche tenendo con lei i contatti quotidiani per capire se il ritorno in famiglia fosse stato difficile e problematico? Sono andati a verificare di persona che la situazione si fosse normalizzata oppure fino al momento dell'arrivo dei carabinieri nessuno aveva avuto contatti con lei?». Domande che sono pietre ed esigono risposte sollecite. Perché peggio della furia vendicativa dei genitori di Saman può esserci solo la noncuranza di chi doveva provvedere e non lo ha fatto. Se è così che è andata le colpe sono da cercare anche in casa nostra. E sapete perché? Perché ormai ci siamo abituati alle chiacchiere legate all'integrazione con cui accogliere chi non si vuole integrare affatto, pretendendo di fare da noi esattamente quello che fa dalle sue parti. Ma la barbarie non può trovare accoglienza. Il sangue di quella ragazza - perché così che finirà questa tragedia - pretende di non dover piangere ancora la prossima volta. Quelle tribù stanno ancora in casa nostra. Altri genitori, altri figli.