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Più tamponi sugli asintomatici. Ecco perché salgono i positivi

Andrea Amata
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L’Istituto superiore di sanità ha pubblicato un rapporto da cui si evince che i due terzi dei casi positivi derivano dai test di screening che censiscono gli asintomatici venuti a contatto con coloro risultati infetti. Dunque, la maggioranza dei contagiati non ha registrato sintomi, confermando che la casistica dei sintomatici detiene un andamento di stabilità.

Il bollettino settimanale sull’evoluzione dell’epidemia pubblicato dall’Iss ci comunica che il 63,8% dei nuovi casi di Covid-19, accertati tra il 3 e il 16 agosto, è stato possibile attraverso «attività di indagine con identificazione e monitoraggio dei contatti stretti oltre che di screening». Nella fase di forte impatto sull’ospedalizzazione dei malati, il tampone veniva eseguito per l’88% dei casi su soggetti che presentavano sintomatologie tipiche dell’infezione, mentre per il 12% dei casi l’esame veniva effettuato su soggetti privi di sintomi ma in relazione di prossimità con chi era risultato positivo. La proporzione dei test nelle ultime settimane è mutata con la percentuale in ascesa dei tamponi applicati agli asintomatici. La conseguenza dell’aumento dei contagi rilevati è spiegabile con il corrispondente aumento dei tamponi eseguiti su chi non lamenta sintomi. Nella fase acuta dell’emergenza, per non sovraccaricare il sistema sanitario, i tamponi venivano effettuati solo su chi palesava sintomi sospetti. Oggi che la rete sanitaria è più preparata a reagire, avendo capitalizzato l’urto emergenziale dei mesi scorsi, sono state intensificate le indagini epidemiologiche che certificano casi non severi tanto da non richiedere ricoveri nelle strutture sanitarie.

La novità dell’attuale fase epidemica è riconducibile alla riduzione della carica virale e alla mutazione del Sars-Cov-2. Il direttore della clinica malattie infettive dell’ospedale San Martino di Genova, Matteo Bassetti, ha richiamato sui social il lavoro scientifico di Robert Gallo, scopritore del virus dell’HIV, e di Massimo Ciccozzi sulla mutazione individuata nel virus che lo ha reso «meno aggressivo e virulento». Bassetti ha aggiunto: «Oggi ci sono mille contagiati per la maggioranza asintomatici con soli tre decessi (probabilmente riferiti a contagiati dei mesi scorsi) e una riduzione dei malati gravi. Ma a nessuno interessa dirlo.</DC> Le regole sono sempre le stesse (Distanziamento-Mascherina-Lavaggio), ma basta catastrofismo». Il bollettino quotidiano dei contagi, sottratto al filtro di informazioni complete sui decessi, sui guariti, sui ricoveri e sulle terapie intensive, ci illustra sì una curva in ripresa, ma attenuata nella sua veemenza patologica.
La comunicazione è fondamentale in un contesto aggredito da eventi improvvisi inaspettati, ma se si megafonano le criticità originate dalla pandemia, esasperando le conseguenze emotive di un messaggio svincolato dai canoni della razionalità, si contribuisce a sviluppare un clima di assedio dal virus con molteplici effetti negativi.

 

Chi ha interesse a mantenere un criterio comunicativo che esalta la minaccia del virus, propagando allarmismo? Può darsi che qualcuno per continuare a reiterare lo stato di eccezione deve dilatare la percezione dell’insicurezza e logorare la consapevolezza collettiva sulla reale entità del fenomeno epidemico. Non si vuole negare l’esistenza del virus, nessuno ha l’ambizione di essere ascritto al cartello demenziale dei negazionisti, ma l’informazione dovrebbe essere incline a razionalizzare i dati evitando di somministrarli in funzione ansiogena per preparare il terreno a chi si dichiara nella perenne emergenza come soluzione analgesica. Sì alla prudenza per convivere con il virus, no all’ipocondria di Stato del governo rossogiallo che vuole perpetuarsi nell’evocazione fobica del virus.
 

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