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Food: Scuola Tessieri, ristorazione post-Covid chiederà sempre più competenza

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Roma, 8 apr. (Labitalia) - No all'improvvisazione, sì allo studio, all'applicazione e all'innovazione. No all'ideale della finta cucina della nonna e sì al ristorante artigianale di qualità che punta sul territorio, la freschezza delle materie prime e l'accoglienza. No ai mille piatti in menu, sì alla cura di poche proposte ma fatti bene. No a conti salatissimi e ingiustificati e sì ai locali che continueranno a investire nel delivery e nel take away. Sono solo alcuni dei comandamenti che, secondo gli esperti, detteranno le regole della ristorazione post-covid e che costituiranno parte dei corsi di alta formazione che Scuola Tessieri, la più grande scuola di cucina del Centro Italia, lancia a partire da maggio per soli 32 posti tra cucina e pasticceria e dedicati espressamente alla cucina e alla pasticceria del futuro prossimo venturo.

Per farlo Scuola Tessieri ha realizzato un'indagine su oltre 70 fra ristoratori, critici gastronomici e addetti ai lavori. E sorprese, stimoli e provocazioni non sono mancati. “Il Covid per la ristorazione è stato un cataclisma - spiega Stefano Cipollini, coordinatore didattico di Scuola Tessieri - ma la storia ci insegna che dopo le grandi crisi il mondo ricomincia e si riparte più forti e più audaci di prima. Le nuove parole d'ordine saranno competenza e professionalità, anche per chi comincia da zero. L'immagine del garzone di bottega che non sa fare nulla è superata. Anche chi inizia con la gavetta deve formarsi e conoscere le basi”.

Concretamente, come cambierà la ristorazione dopo il Covid? Gli esperti non hanno dubbi: data la voglia di socialità delle persone, secondo il 75% degli intervistati, sarà una partenza prepotente e immediata. “La gente non ne può più di stare a casa - sottolinea il critico gastronomico Maurizio Bertera - e ci vorrà non poco tempo dopo l'entusiasmo iniziale per tornare a come eravamo”.

Ma che tipo di cucina avrà successo? Un intervistato su due (54%) non ha dubbi: quella che si fonda sul legame col territorio. Dopo un anno e mezzo dentro una grande bolla le persone hanno desiderio di cose vere, di cibo autentico: “Il ristorante vincente - dice Andrea Guolo, responsabile del magazine Pambianco Wine & Food - sarà la vetrina, o meglio lo showroom, delle grandi competenze di allevatori, agricoltori, pescatori che operano sul territorio”. Secondo altri (31%) a vincere sarà l'essenzialità. Stop ai mille piatti nel menu, meglio puntare su poche proposte, fatte bene e sulla conseguente riduzione dei costi. Altri ancora (18%) temono per un generale abbassamento della qualità: dato il generale impoverimento delle persone tornerà l''all you can eat' e continuerà il successo del delivery e del take away.

Ancora, quale sarà il cambiamento più significativo all'interno della ristorazione? La risposta è quasi unanime (80%): la scomparsa dell'improvvisazione. “Tutti coloro che non sapevano che lavoro fare e che quindi si sono aperti un ristorante - afferma il giornalista Luca Milanetto - una categoria che ha prodotto lacrime e danni. Mi auguro una cucina non più di impulso, ma un processo più meditato, frutto di una passione vera, di studio e dedizione”.

Nella classifica ideale delle competenze al primo posto (44%) viene proprio la professionalità. “La professionalità non è solo quella dello chef con 25 anni di esperienza - sostiene Stefano Cipollini di Scuola Tessieri - ma si deve conoscere il prodotto, saperlo lavorare e poi conoscere la tecnologia e ottimizzare i costi. La cucina della nonna, della nostalgia e dei vecchi ricordi è una presa in giro che alla lunga non è sostenibile". Al secondo posto (29%) l'accoglienza: “Il ristorante -osserva lo chef bi-stellato Marco Sacco - è innanzitutto un luogo dove vieni accolto”. E al terzo la gestione del marketing e della comunicazione digitale (23%), sempre più asset decisivi per far conoscere la propria offerta e la propria identità.

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