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Tutte le bugie raccontate sul Rosatellum

Il Foto: Il "padre" della legge elettorale, Ettore Rosato del Pd
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Doverosa premessa: non sono un fan della legge elettorale attualmente in vigore in Italia. Credo, anzi, che abbia tantissimi difetti. Di secondo piano (il meccanismo delle quote rosa aggirato con le pluricandidature delle donne, il divieto del voto disgiunto) e di importanza maggiore: mi riferisco tanto alla inutile previsione del "capo politico" in un sistema in cui la scelta del presidente del Consiglio spetta al Quirinale, quanto alla natura stessa della legge. Un modello a larga parte proporzionale non può essere "sporcato" da una piccola fetta maggioritaria. Perché questo crea una serie di illogicità che oggi sono sotto gli occhi di tutti. In primis quella di aver permesso di dichiararsi vincitori delle elezioni sia al centrodestra (prima coalizione) che al MoVimento 5 Stelle (primo partito). Detto questo, va però sottolineato che l'accusa più importante che oggi centrodestra e grillini fanno al Rosatellum - quella di aver prodotto lo "stallo" che va avanti ormai da quasi due mesi - è totalmente campata in aria. Se questa legge elettorale aveva un obiettivo recondito, non era certo quello di produrre ingovernabilità. Piuttosto quello di favorire i due blocchi di centrodestra e centrosinistra a discapito del MoVimento 5 Stelle, in modo da indirizzare lo scenario politico verso un governo di larghe intese con i grillini all'opposizione. Poi, come sempre accade in politica quando le manovre sono maldestre e troppo esplicite, si è determinato l'effetto contrario: nessun governo oggi è possibile senza Di Maio & Co. Se non numericamente, almeno politicamente. Lo stallo, più che dalla legge elettorale, è stato prodotto dalla suddivisione "tripolare" dell'elettorato. Ma l'aspetto più paradossale della vicenda è che nessuno dei sistemi sostenuti da chi oggi critica il Rosatellum avrebbe provocato esiti diversi. Anzi, in gran parte dei casi la maggioranza parlamentare sarebbe stata ancora più lontana. Riavvolgiamo il nastro e torniamo al giugno 2017, quando i partiti sembravano aver raggiunto un faticoso accordo sul modello elettorale tedesco, sottoscritto dalle quattro forze elettoralmente più forti: M5S, Pd, Lega e Forza Italia. Cosa prevedeva quel modello? Sostanzialmente si trattava di un proporzionale puro in cui l'unico elemento vagamente maggioritario era una soglia di sbarramento molto alta, il 5%, che avrebbe permesso di redistribuire ai "grandi" i voti dei "piccoli". Se si fosse votato con quella legge elettorale, oggi la maggioranza sarebbe una chimera molto più di quanto non lo sia dopo l'utilizzo del Rosatellum. Per comprenderlo basta andare a vedere quello che è successo in Germania non tanto con le Politiche di qualche mese fa, ma con quelle del 2013: la Cdu di Angela Merkel prese il 41,5% dei voti, che non bastò però per ottenere la maggioranza dei seggi. Ne mancavano appena sei al Bundestag ma, pensate, invece che cercare una piccola pattuglia di ipotetici "responsabili" la Cancelliera preferì dare vita alla grande coalizione con i socialisti. Il "tedesco", essendo interamente proporzionale, non avrebbe prodotto maggioranze uniformi ma almeno avrebbe avuto il pregio di essere più "coerente" del Rosatellum. Ma chi fece saltare quell'accordo? Un po' tutti i contraenti. L'incidente fu provocato dall'emendamento di Michaela Biancofiore (Forza Italia) che mirava a uniformare il suo Trentino Alto Adige al modello nazionale, sul quale la maggioranza aveva dato parere negativo. Ebbene, nella votazione segreta l'emendamento invece passò. Senonché, per un problema tecnico che oggi può autorizzare le più svariate dietrologie, per errore il tabellone luminoso della Camera mostrò la mappa del voto e l'identità dei franchi tiratori. Quasi tutti del MoVimento 5 Stelle, che nei giorni precedenti in effetti si era arrovellato in un aspro dibattito interno su un accordo che non piaceva a tanti. Il Pd, teoricamente "vittima" di quell'imboscata, in realtà non aspettava altro. L'incidente fu preso a pretesto per far saltare del tutto l'accordo con una fretta e una risolutezza sospetta. Archiviato il "tedesco", il sistema preferito dal centrodestra, il MoVimento 5 Stelle chiese di andare a votare con il "Consultellum", con l'unica accortezza di uniformare le due leggi elettorali di Camera e Senato. Questo sistema, chiamato così perché venuto fuori dalle sentenze della Corte Costituzionale che bocciavano tanto il Porcellum che l'Italicum, altro non era che un proporzionale puro ancora più del tedesco. Perché con soglie di sbarramento più basse (il 3%) e quindi una frammentazione maggiore in Parlamento. Con necessità di accordi post voto. O, se vi pare, di inciuci. Detto di centrodestra e grillini, anche il Partito Democratico è sembrato poco soddisfatto del funzionamento del Rosatellum. Un sentimento manifestato dai renziani con un'amara constatazione: "Gli italiani hanno bocciato l'Italicum, che avrebbe dato una maggioranza autosufficiente, e ora ne pagano le conseguenze". Vera una parte della frase, totalmente falsa l'altra. Perché l'Italicum avrebbe sì prodotto un vincitore certo delle elezioni (come tutti i sistemi a doppio turno), ma a bocciarlo non sono stati gli italiani al referendum (si votava sulla riforma costituzionale, non sulla legge elettorale), bensì la Corte Costituzionale. Il cui ragionamento fu sostanzialmente questo: in una repubblica parlamentare (e non presidenziale) le leggi elettorali devono mirare più alla rappresentanza che alla governabilità. L'Italicum (che non prevedeva soglie minime per accedere al ballottaggio) avrebbe permesso teoricamente a una forza politica con il 20% o poco più dei voti di accedere al ballottaggio, magari vincerlo e prendersi il 55% dei seggi. Una distorsione troppo elevata per essere tollerata. Un sistema del genere è accettabile nei Comuni, che sono assimilabili a repubbliche presidenziali (c'è l'elezione diretta del sindaco), non a livello nazionale. L'Italicum, sostanzialmente, era un modo per trasformare l'Italia in una repubblica presidenziale senza dirlo esplicitamente. E la Consulta, ovviamente, non ha accettato la scorciatoia. Che poi l'esito negativo del referendum abbia dato un'ulteriore spinta ai giudici a bocciare la legge elettorale che alle riforme era collegata, questo è possibile. Ma a mio avviso il giudizio della Consulta non sarebbe cambiato in ogni caso. A proposito di accuse e facce toste. I bersaniani, freschi di scissione, colsero la palla al balzo del no al referendum accusando Renzi di aver varato una legge elettorale pensata per la sola Camera dando per certa l'abolizione del Senato. Col risultato di trovarsi dopo il 4 dicembre 2016 con due Camere che avevano compiti uguali ma sistemi di voto diversi. Ma riavvolgendo il nastro, stavolta fino al 2014, si scopre che a volere quell'esito fu proprio un futuro scissionista, Alfredo D'Attorre, con un emendamento che rendeva valida la legge elettorale solo per Montecitorio collegandola inevitabilmente alle riforme costituzionali e sperando che questo costituisse una "polizza" sulla durata della legislatura. Il famigerato "combinato disposto", insomma, fu colpa degli stessi che poi lo denunciarono. In conclusione, e chiedendo scusa per la lunghezza del post, c'è una sola legge elettorale che, pur mirando alla rappresentanza può spingere decisamente anche verso la governabilità: il Mattarellum. Ovvero un sistema che per ogni collegio (fetta di territorio) prevede un solo vincitore delle varie sfide uninominali. Anche con questo sistema, però, l'ultima tornata elettorale non avrebbe prodotto vincitori. Infatti, se anche immaginassimo un modello interamente maggioritario (e il Mattarellum non lo era, prevedendo un 25% di proporzionale) e quindi estendessimo a tutti i seggi di Camera e Senato il risultato ottenuto nei collegi previsti dal Rosatellum, ci ritroveremmo con un centrodestra che avrebbe sì la maggioranza al Senato (risicatissima e senza tener conto dei senatori a vita) ma non alla Camera, anche se mancherebbe poco. Ironia della sorte, proprio il centrodestra è stato in passato uno dei maggiori oppositori dei sistemi elettorali di questo tipo. Credo sia importante fare chiarezza su questo aspetto non solo per dimostrare che in materia di legge elettorale nessuno dei partiti ha la coscienza davvero pulita, ma perché presto inevitabilmente si tornerà a parlare di una riforma del sistema di voto. E ci sarà bisogno di affrontare il tema senza scorciatoie. Se si andrà verso un sistema del tutto proporzionale, si è consapevoli che la figura del "candidato premier" non avrà senso e che le alleanze post voto saranno inevitabili? Se si punterà a un sistema a doppio turno, si è consapevoli che questo schema necessiterebbe di una modifica costituzionale in senso presidenziale? Se si pensa a un semplice premio di maggioranza per arrivare all'autosufficienza, si è consapevoli che in assenza di una soglia minima per ottenerlo (almeno il 40%) la Consulta lo censurerebbe così come fatto con il Porcellum? E, soprattutto, si è consapevoli che per realizzare una legge elettorale finalmente coerente e inattaccabile non basterebbe un governicchio di qualche mese e qualche emendamento? Chissà...

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