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Salvini, Di Maio e l' "inciucio" tra Nord e Sud

Carlantonio Solimene
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Dopo la partita delle presidenze delle Camere è diventato ancora più evidente quello che era già chiaro dopo la chiusura delle urne del 4 marzo. Qualsiasi governo che veda all'opposizione o Lega o MoVimento 5 Stelle non è in alcun modo immaginabile. Lo schema di partenza è questo, poi il modo in cui verrà delineato può essere dei più disparati: maggioranza populista stretta o governo tecnico-istituzionale più largo. Era un esito evidente già dopo le elezioni perché, mai come in questo caso, il voto degli italiani è stato "territoriale". Tutti hanno parlato del boom dei Cinquestelle al Sud, con punte che hanno sfiorato il 50% in Sicilia o in Campania. Ma in pochi hanno sottolineato come medesimi risultati siano stati centrati al Nord dal centrodestra a trazione leghista: il 48% in Veneto o il 47 in Lombardia. Non c'erano mai state aree del Paese così connotate politicamente, forse neanche nel caso di quelle che un tempo erano le regioni "rosse". In pratica, l'Italia è una sorta di Repubblica federale in cui le due aree del Paese hanno eletto i propri rappresentanti. Ora, può permettersi questa "federazione" di mandare all'opposizione una delle sue componenti? Può, trasferito nella realtà, nascere un governo che metta in minoranza il Nord produttivo? O un altro che non tenga conto del Sud disastrato e bisognoso di interventi draconiani? Si può governare contro la locomotiva del Paese? O contro l'anello debole? Semmai, in vista di una prossima e definitiva sfida elettorale, c'è da scommettere che tanto Matteo Salvini che Luigi Di Maio saranno i più strenui sostenitori delle istanze di chi non li ha votati. E questo perché sia il MoVimento 5 Stelle che quello che diventerà il centrodestra sono consapevoli che le maggiori possibilità di espansione ce le hanno proprio nel loro "altrove". Il Nord per i grillini, il Sud per i neo sovranisti. Non è un caso che Di Maio, messo nel cassetto il reddito di cittadinanza, abbia cominciato insistentemente a parlare di riduzione delle tasse. Né che dalla Lega arrivino prime aperture verso l'ipotesi di un sostegno economico per chi è in cerca di lavoro. Solo allora, quando i competitor si saranno radicati più omogeneamente in tutto il Paese, la sfida potrà terminare con un unico vincitore. Fino a quel momento, il loro destino è quello di turarsi il naso e stare insieme.

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