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Spagna-Italia 3-0: super Isco sbatte gli azzurri ai play off

Perez

Silvia Sfregola
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Per poter conquistare la qualificazione al Mondiale di Russia adesso è verosimile, anzi altamente probabile, che l'Italia debba passare attraverso la gogna dei play off. La sfida del Santiago Bernabeu, infatti, è stata vinta in maniera netta (3-0) dalla Spagna, che ha scavato un solco tra se stessa e gli azzurri in classifica e a livello di autostima. La differenza tra la squadra di Lopetegui e quella di Ventura è stata subito evidente: in campo non c'erano né serpenti né coccodrilli ma solo dei giocatori forti e ben organizzati, con la maglia rossa sulle spalle. Giocatori che dopo meno di un quarto d'ora erano in vantaggio di un gol e prima dell'intervallo di due, entrambi griffati da Isco. Che nella ripresa hanno dominato e ottenuto il tris. Giocatori che hanno fatto del possesso palla la loro forza, che hanno maramaldeggiato a centrocampo, che hanno trovato ampi spazi per infilarsi nella trequarti azzurra, che hanno capitalizzato le debolezze altrui. Forse c'era troppo entusiasmo alla vigilia, forse qualcuno aveva sopravvalutato la Nazionale, forse i sogni avevano oscurato la realtà, forse conviene pensare a Israele e Albania. Brutta botta, sì. Ventura ci ha capito pochissimo, sia in fase di preparazione del match sia durante il match stesso. Possibile che il ct non abbia intuito che l'Italia era in sofferenza a metà campo? Possibile che dopo un'ora di nulla non abbia percepito la necessità di cambiare rotta? Possibile, purtroppo. Al di là del gol subìto dopo 13 minuti in capo a una punizione di Isco dal limite dell'area (Buffon non è stato lo spot della reattività) che ha spostato subito l'equilibrio della partita, il problema dell'Italia è che raramente ha avuto il pallone tra i piedi. Pallone che la Spagna ha invece sapientemente e scientemente gestito con una supremazia a centrocampo netta non solo per una questione numerica ma anche qualitativa. Busquets e Iniesta si sono confermati straordinari, Verratti non lo è mai stato, De Rossi ha tamponato il tamponabile, Insigne ha sofferto, Spinazzola ha remato. La capocciata di Belotti (22'), che ha costretto De Gea a compiere un miracolo, è stato un lampo - l'unico - nel buio. Non a caso, prima dell'Intervallo è arrivato il raddoppio e la pietra tombale sull'incontro. Avvitata su un ambizioso 4-2-4 - che si è trasformato in 4-4-2 in fase difensiva - la squadra di Ventura è vissuta su fiammate, su sprazzi, su guizzi. Poi si è spenta, con le gambe dure e il fiatone. Una pena. Mentre la Spagna, come era logico, si è affidata la palleggio, non proprio un tiki-taka ma quasi, con l'inusitata libertà concessa a Isco e a Busquets. Belotti l'ha strusciata poco, Immobile mai, abbandonati al loro destino. La catena di destra (Darmian-Candreva) ha funzionato meglio di quella di sinistra (Spinazzola-Insigne) ma comunque senza raggiungere la sufficienza. Quando Bonucci ha cominciato a lanciare da dietro si è presa coscienza che sarebbe stato impossibile anche solo abbozzare una reazione. Infatti, in prossimità dell'epilogo (77') è giunta la terza rete spagnola, con Morata, entrato cinque minuti prima al posto di Iniesta. Il 3-0 ha dilatato non solo il rimpianto ma pure l'agonia della Nazionale, la più brutta di quelle proposte da Ventura. Il ct si è sbracciato e si è arrabbiato molto, niente di ciò che aveva promesso si è visto, però anche lui deve fare l'esame di coscienza: conviene volare basso e guardarsi le spalle, adesso. L'impressione è che le tre sberle di Madrid (sarebbero state quattro se non avessero annullato il secondo gol a Morata per fuorigioco in prossimità dell'epilogo) non saranno assorbite in fretta e senza conseguenze perché fanno male. Molto male. E aprono inquietanti interrogativi.

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