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Era scritto che la lupa beccava.

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L'agitavaun mattiniero e sfegatato laziale, tutt'altro che quirite, esibendo fattezze e braccia giammai strappate all'agricoltura. Quei colori sventolati con un manico di scopa e con tanto anticipo mi parvero subito un malefico presagio. Codesto tizio di provincia profonda che aveva da festeggiare a quell'ora? La risposta me la diede l'Olimpico. Nei primi quattro minuti del derby, toccai con mano che la Roma non era proprio entrata in campo. Era rimasta in ritiro a Certaldo. Quindi, tremiti di speranza: al goal di De Rossi sussultai felice, benché mi martellasse le tempie una singolare avvertenza che accompagna un noto farmaco: «Sono stati riportati decessi in alcuni di questi pazienti. Questi effetti sono generalmente transitori». La mia Roma, insomma, poteva già essere morta stecchita, benché l'effetto De Rossi illudesse sulla transitorietà dell'evento. Gli egregi, competenti e simpatici opinatori del calcio parlato s'inventeranno la jella, ma spero che abbiano il coraggio della cruda verità: far scendere in campo questo Totti, in formato vecchia gloria, significa umiliare la sua bella biografia in giallorosso e far giocare la squadra in dieci. Francesco, invece di pensare al rinnovo del contratto, che, comunque, dovrebbe essere dimensionato alle sue attuali prestazioni, s'impegni per recuperare scatto, muscoli e forma. Comunque, su Totti, che, ora, non ce la fa, si debbono chiedere lumi a Spalletti, il quale avrebbe soltanto il dovere professionale di scegliere gli undici più in forma e saperli mettere in campo al posto giusto. Null'altro si pretende da lui, neppure che sappia districarsi nelle sinapsi semantiche. Giocano, vincono o perdono i giocatori; aI trainer, a cominciare da Mourinho per finire all'allenatore del Focene calcio, spetta solo il compito di fare meno danni possibili.Spalletti, nel derby, il danno, però, l'ha fatto e proditoriamente, facendosi espellere tra primo e secondo tempo, quando la partita si poteva riprendere. Anche Luciano, come Francesco, ieri, non c'era, tant'è che s'è pure autoassolto, attribuendo ai mass media tensioni, nervosismi, espulsioni, come se in campo ci fossero andati i giornalisti, con lo scopo, fra l'altro, di battibeccare con Tare. Suvvia, niente drammi, una stracittadina, peraltro fuori casa, ti può crollare addosso. Dispiace solo per i giallorossi d'Abruzzo, che si meritavano, oltre il minuto di silenzio, almeno novanta minuti di soddisfazioni, al grido di Forza Roma!

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