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Roma, sgominata la «cupola» della cocaina

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Eseguita un'ordinanza di custodia cautelare in carcere per 19 persone

Silvia Mancinelli e Andrea Ossino
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Un unico grande ponte portava la droga dalla periferia romana di San Basilio al litorale, Nettuno soprattutto. Tra i pilastri i fratelli Genny e Sasà Esposito, il cugino Giovanni “Popp” Rispoli - “il futuro” - e l'altro boss Vincenzo Polito. I bulloni i pusher fedelissimi e le vedette, per lo più donne. Il cemento le cosche di ‘ndrangheta con le quali collaborare nell'approvvigionamento e nella consegna dello stupefacente. All'alba di ieri, nelle province di Roma e Napoli, duecento carabinieri con elicotteri e unità cinofile hanno dato esecuzione a un'ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia nei confronti di 19 persone accusate a diverso titolo di associazione finalizzata al traffico illecito di cocaina aggravata dall'uso delle armi e spaccio di droga. Due di loro dovranno rispondere anche di lesioni gravi, commesse con arma da fuoco e con modalità mafiose. Pistole rubate, chili e chili di cocaina - 25 quelli sequestrati per un valore di 6 milioni di euro - e lusso sfrenato in pieno stile Gomorra, fosse solo per il nome di serial - memoria di uno dei boss Salvatore Esposito, omonimo dell'attore che interpreta Genny (nome reale dell'altro boss finito in manette) Savastano. L'idea di chiamare l'indagine «Gallardo» nasce dal modello della Lamborghini dei boss rispettati, temuti, amati dai sodali: come il cugino Giovanni Rispoli, arrivato a tatuarsi i loro nomi su un braccio. Intercettazioni e pedinamenti riguardano il periodo compreso tra il 2013 e il 2016. Tre anni durante i quali i carabinieri del Nucleo Investigativo di via In Selci hanno ricostruito i pezzi di un puzzle che rappresenta due organizzazioni criminali impegnate nel narcotraffico: la prima con base a Nettuno e poi trasferita nella Capitale era quella capeggiata dai fratelli Esposito, figli di Luigi, alias «Gigino Nacchella», storico esponente del clan camorristico Licciardi di Secondigliano. Genny e «Totore» si occupavano prevalentemente della gestione della piazza di spaccio di via Maiolati, a San Basilio, nonché della fornitura di droga nella zona di Nettuno. Seguendo un modello tipico della camorra, la piazza dello spaccio era organizzata con dei capi direttamente collegati ai due fratelli e con pusher costretti a rifornirsi dal sodalizio. Pena la vendetta col fuoco. L'11 aprile di tre anni fa, sempre a San Basilio, tre spacciatori vennero gambizzati per essersi riforniti da persone estranee all'associazione. L'altra metà del puzzle era invece in mano al boss Vincenzo Polito che muoveva le fila dell'approvvigionamento e della consegna di ingenti quantitativi di cocaina a Roma e provincia con la collaborazione delle famiglie Filippone e Gallico, esponenti delle cosche di ‘ndrangheta presenti nella Capitale.

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