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Caos nel centro accoglienza di via del Frantoio, scontri fra migranti e residenti

Una donna protesta per il rumore e viene sequestrata. Romani in rivolta

Maria Grazia Coletti
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Notte di tensione al Tiburtino III, quartiere della periferia est di Roma, dove un gruppo di residenti ha affrontato i migranti ospiti del Presidio umanitario per migranti "transitanti" di via del Frantoio. Di sicuro c'è che, al termine della rissa, sul terreno è rimasto un eritreo di 40 anni, con una ferita (non grave) da taglio alla schiena. Ma non è facile ricostruire l'esatta dinamica dell'accaduto nemmeno per i carabinieri intervenuti a ristabilire la calma. La scintilla che ha innescato il corto circuito - almeno su questo le testimonianze sembrano convergere - sono i sassi tirati proprio dall'eritreo, senza colpirli, ad un gruppo di ragazzini: tra le ipotesi quella che l'uomo, "vecchia conoscenza" del quartiere, noto per suoi comportamenti bizzarri e per la mania di raccogliere mozziconi di sigarette dal marciapiede, abbia reagito male a qualche sfottò. Sono circa le 22, il "film" della serata a questo punto subisce una brusca accelerazione: è la mamma di uno dei ragazzini, che tornando a casa hanno raccontato l'episodio, a uscire con il figlio e con il nipotino a caccia del colpevole. Gira un paio di strutture di accoglienza della zona, poi - arrivata nei pressi del Presidio - vedono e riconoscono l'eritreo: "Ho tentato di colpirlo con un bastone ma lui ha reagito e sono arrivati altri migranti in suo aiuto - racconterà ai cronisti - Sono stata tirata dentro e colpita, ho creduto di morire" [GUARDA L'INTERVISTA] Qui le testimonianze divergono in modo clamoroso: per i residenti del quartiere, accorsi a dar man forte alla donna, sono i migranti ad aggredirli; per questi ultimi, quella capeggiata dalla mamma era una vera e propria "spedizione punitiva", numerosa già all'inizio. Una cosa pare certa: la rissa, se rissa c'è stata, si è consumata tra il cancello e l'ingresso della struttura. E sembra quantomeno improprio parlare di "sequestro". Mentre il pm che si occupa del caso, Alberto Galanti, indaga per lesioni gravissime e dispone la nomina di un interprete per ascoltare la vittima, la Croce rossa di Roma - che gestisce il Presidio - precisa che il ferito non è ospite della struttura dalla fine di luglio e che è attualmente inserita nel programma di relocation ospite del CAS Staderini. "Da subito ieri sera ci siamo messi in contatto con le forze dell'ordine e attendiamo la conclusione delle indagini", sottolinea l'organizzazione prima di lanciare un appello ad "evitare altre tensioni", che possano creare "problemi alla sicurezza" degli abitanti del quartiere, sia residenti sia migranti. Non serviva però quest'ultimo episodio per scoprire che è un rapporto a dir poco difficile quello tra Tiburtino III e il Presidio umanitario. La struttura, che in media ospita un'ottantina - ma ieri ce n'erano di meno - tra uomini, donne e bambini (a volte anche italiani), è mal sopportata da molti, specie per la vicinanza - a separarle, solo uno steccato - con una scuola materna ed elementare che secondo alcuni registrerebbe proprio per questo un calo di iscrizioni. In prima fila nel chiedere la chiusura del centro è da sempre CasaPound Italia che ha organizzato più di un sit-in di protesta. In occasione dell'ultimo, il 29 giugno scorso, a separare "pro" e "contro" la struttura c'erano solo i cordoni di uomini e mezzi delle forze dell'ordine in assetto antisommossa. Quasi la rappresentazione plastica di due mondi lontani dall'integrarsi.

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