3 Ottobre 2016
De Magistris
Tutti le vogliono tranne Roma. È il triste paradosso delle Olimpiadi del 2024. Dopo che Beppe Grillo via blog ha messo in chiaro che i dubbi residui della sindaca Raggi sulla candidatura sono l’anticipo del prezzo da pagare per continuare a governare con il marchio a Cinque Stelle, si allunga la fila per sfruttare l’iter avviato da Malagò & Co. e provare a portare in ogni caso i Giochi in Italia. L’ultimo a prendere il numeretto e amettersi in coda è il sindaco di Napoli Luigi de Magistris che sogna un’olimpiade allargata a tutto il meridione con al centro il capoluogo campano. «Se Roma dice no a Olimpiadi 2024 Napoli e Sud si candidano. Per lo sport, il Mediterraneo, per fratellanza e pace. E con mani pulite. Vi sorprenderemo», ha twittato l’ex magistrato. La prima adesione «pesante» arriva dal governatore della Puglia Michele Emiliano che risponde: «Quando cominciamo! Bari e Napoli con le altre Regioni del sud organizzano le Olimpiadi. La Puglia ci sta».
Un sogno olimpico, quello di Giggino, che torna possibile dopo l’esclusione di Napoli - in favore di Cagliari - dalla corsa a ospitare le gare di vela di Roma 2024 che nel progetto di Malagò e Montezemolo sarebbero state dislocate come molte delle partite del torneo di calcio. Ma a competere con l’asse Napoli-Bari per saltare sul carro a cinque cerchi e trasformare la candidatura romana nei Giochi del Sud c’è la Sicilia. «Virginia Raggi non vuole le Olimpiadi a Roma? Si facciano a Palermo concedendo alla Sicilia un’occasione di crescita, riscatto e legalità», ha detto Carmelo Miceli, segretario provinciale del Pd del capoluogo siciliano. L’afflato, più che altro, è di polemica politica: «Nuovo ordine del direttorio alla Raggi! Cara Virginia, ma un sussulto di autonomia mai?».
Per il governatore Rosario Crocetta, però, è abbastanza per sognare di organizzare l’edizione 2024 su tutto il territorio. «La Regione sarebbe felice di ospitare i Giochi. Non so se è possibile candidare una regione per quelle Olimpiadi che il sindaco di Roma non vuole accettare, ma per la Sicilia equivarrebbe a innescare un ulteriore processo di crescita e sviluppo», ha detto il presidente della Sicilia. Provocazioni, ipotesi, voli pindarici. Perché il documento con cui Roma dovrebbe ufficializzare la candidatura - va presentato entro il 7 ottobre con la firma di governo, Regione Lazio e Comune - non può essere modificato inserendo con una candidatura diversa da quella formalizzata al Comitato olimpico internazionale. Lo stesso presidente del Coni Giovanni Malagò, ancora in attesa di un incontro con la sindaca per tentare ogni strada percorribile, ha ammesso: «La realtà è che la città candidata è una e non può che essere Roma. In corso d’opera si possono studiare varie forme di coinvolgimento ma una cosa è il luogo dove si svolgono le competizioni, un’altra le zone che possono integrare l’offerta olimpica prima di quelle competizioni».
Ecco, vanno bene le regate a Cagliari e le partite di calcio itineranti come al Mondiale, ma non si possono sbianchettare le carte del progetto e sostituire Roma con Milano, ad esempio. Lo sa il sindaco del capoluogo lombardo Giuseppe Sala, che l’altro giorno ha tolto ogni dubbio replicando alle ipotesi del governatore Roberto Formigoni, il quale più di un pensierino lo aveva fatto ed espresso via Twitter. «A Roma sbagliano a buttare via un’occasione del genere, ma vista la situazione che c’è e che fa tremare i polsi...», ha detto Sala chiarendo: «Non c’è alcuna possibilità che Milano si possa sostituire a Roma. Togliamo quest’eventualità dal tavolo perché è probabile che non essendoci Roma vinca Parigi, se vince Parigi quella dopo va ad una città non europea e quindi la prossima possibilità sarebbe il 2032, volete che mi metta a pensare al 2032?». Alla sopravvivenza della candidatura capitolina ancora crede il presidente della Roma James Pallotta. «L’olimpiade? Mi piacerebbe ma non è compito mio. Posso solo dire che noi siamo pronti, nell’eventualità, a concedere l’uso del nostro nuovo stadio, spero che questo possa essere d’aiuto». Considerando la «melina» che il Comune sta facendo anche su quel versante, è difficile che la proposta possa contribuire a far cambiare idea al Campidoglio. E tantomeno a Grillo.
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